Ascoltare. Ascoltare. Ascoltare

Per quanti libri abbia letto, per quanti libri leggerò, sono più che mai convinto che il buon senso sia lo strumento fondamentale per qualsiasi attività che voglia avere un senso e non solo un epitaffio. Nel settore alberghiero il buon senso si accompagna a un grande rispetto per il lavoro, il proprio e quello altrui, dei propri collaboratori, dei fornitori oltre a una non comune capacità di ascoltare i propri simili e interpretarne i sogni
Per quanti libri abbia letto, per quanti libri leggerò, sono più che mai convinto che il buon senso sia lo strumento fondamentale per qualsiasi attività che voglia avere un senso e non solo un epitaffio. Nel settore alberghiero il buon senso si accompagna a un grande rispetto per il lavoro, il proprio e quello altrui, dei propri collaboratori, dei fornitori oltre a una non comune capacità di ascoltare i propri simili e interpretarne i sogni

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Partiamo dalla definizione di Marketing proposta da tre autorevoli fonti: Philip Kotler, la American Market Association e Riccardo Perini, esperto di Search Engine Marketing. Una delle definizioni di marketing più adottate è quella data da Philip Kotler nel 1967: ”Il marketing è quel processo sociale e manageriale diretto a soddisfare bisogni ed esigenze attraverso processi di creazione e scambio di prodotti e valori. È l’arte e la scienza di individuare, creare e fornire valore per soddisfare le esigenze di un mercato di riferimento, realizzando un profitto.”
La American Marketing Association lo definisce così: “Il marketing è il processo che pianifica e realizza la progettazione, la politica dei prezzi, la promozione e la distribuzione di idee, beni e servizi volti a creare mercato e a soddisfare obiettivi di singoli individui e organizzazioni.”
Per Riccardo Perini, infine, “oggi il termine marketing non può non essere collegato ai concetti di ascolto, comunicazione, creazione di valore e relazione. Non è solo un processo manageriale, ma anche un processo sociale, basato sulla relazione tra chi vende e chi acquista. È l’insieme di tutte le attività volte a promuovere valori e soddisfare i desideri e i bisogni delle persone e dei mercati.”

Location. Location. Location
Queste definizioni mi tornano in mente ogni volta che varco la soglia di un albergo. Mi guardo attorno: conosco la categoria dell’albergo, ho visitato il suo sito, letto le sue proposte, vagliato il sentiment che propone. Corrispondono a ciò che lo circonda? Nello stesso tempo, il sito valorizza ciò che circonda l’albergo? Sa comunicare i propri servizi in maniera diretta evitando frasi banali, scontate? Sa raccontare la propria storia? Sa valorizzare lo staff? In quante lingue è tradotto? Quando vai alla Reception qual è la prima domanda che ti fanno? Ti chiedono i documenti e la carta di credito prima ancora di chiederti se hai effettuato un buon viaggio? Quando scendi per la prima colazione prima ancora di dirti buon giorno sono interessati soprattutto a sapere il numero della tua camera trattandoti da clandestino? Cha cosa sanno del patrimonio culturale del loro territorio, delle possibilità di visitare produttori diretti o negozi originali? Conoscono le montagne o le coste o la città in cui si trovano? Il gestore, il direttore sono esseri astratti, inavvicinabili?
Mi è accaduto di entrare in un albergo fantascientifico e ipertecnologico dal punto di vista architettonico e ingegneristico che proponeva ben 100 suite ed era circondato da capannoni industriali in un territorio noioso, anonimo, la classica periferia industriale. Il fatto che Venezia distasse solo pochi chilometri non giustificava di certo l’esistenza di un albergo che mi ricordava molto il Marriott di Palm Springs, in California, circondato da un grande lago artificiale che si attraversa a bordo di piatte imbarcazioni che hanno l’attracco direttamente nella hall dell’albergo. Anche questo albergo aveva una darsena da dove si poteva raggiungere Venezia solo che il percorso era soprattutto in terraferma con un circondario piuttosto squallido. Là era come essere a Disneyland, qui no. L’albergo mestrino è finito in mano alle banche che lo hanno riciclato come albergo Mice e per pullman: le 100 suite sono state trasformate in 173 camere di categoria 3 stelle. Lo staff è stato ridotto drasticamente. Forse la gestione è in pari e perfino in attivo, il capitale che ha richiesto costruirlo (oltre 150 milioni di euro al cambio attuale) non verrà mai ammortato.
Un altro investimento problematico l’ho visto ancora nella stessa regione, il Veneto, ai piedi delle montagne. Un antico, bimillenario castrum romano diventato castello nel Medioevo e poi residenza nobiliare nel 1700 perfettamente ristrutturato, con un investimento finanziario davvero notevole, trasformato in un hotel di categoria 5 stelle dalla cui terrazza ci si affaccia… su un complesso di capannoni industriali. Cinque stelle di categoria, con poche camere nel castello (una cinquantina) e la velleità di ospitare grandi eventi anche artistici sotto una immensa tensostruttura capace di ospitare anche 1800 persone con un accesso originale di fronte al vasto parcheggio per 500 automobili ricavato ai piedi della rocca. Il parcheggio è collegato con il castello con una funicolare che supera i 200 metri di dislivello. Si tratta di un ascensore inclinato a funi che trasporta 25 persone in circa un minuto pari a 600 persone all’ora. Chi sale al castello non è una comitiva di sciatori che si accalcano nella cabina, sono spesso uomini e donne di una certa età, vestiti in maniera elegante, che non amano di certo la folla. Il risultato? Tempi biblici per salire al castello. La funivia si è rivelata un vero e proprio cul de sac che ha menomato e poi affossato qualsiasi possibilità di arrivare al break even del progetto. Anche qui la gestione ordinaria forse riuscirà a evitare di finire in rosso, di certo l’ammortamento del capitale non ci sarà mai.
C’è un altro edificio a uso alberghiero realizzato tra l’autostrada e la ferrovia del Brennero in piena campagna vicino a uno svincolo autostradale in Trentino. Quando passa il treno, le cui rotaie furono poste a pochi metri di distanza ben prima che qualcuno avesse la bizzarra idea di costruire l’albergo, l’edificio vibra. Il treno è internazionale e passa a tutta velocità giorno e notte… Non è stata meno originale la lottizzazione avvenuta ancora in Veneto (non ce l’ho con gli amici veneti, è che frequento spesso la loro regione) dove hanno realizzato un albergo in piena campagna nel nulla assoluto a 20 chilometri dalla laguna di Venezia. L’immobile non è mai stato completato anche se l’albergo ha iniziato comunque a funzionare. Ha già cambiato nome due volte, ogni volta ripudiando la storia precedente (non menzionandola), spacciandosi per periferia settentrionale di Venezia, che non si vede all’orizzonte neppure con un telescopio astronomico, che potrebbe essere utilizzato semmai per vedere le stelle visto che data la posizione geografica dell’albergo c’è poco inquinamento luminoso attorno.
Nella periferia meridionale di Milano fu realizzato un albergo di extra lusso, anche qui in mezzo alle zanzare, con l’obiettivo di farne il punto di riferimento per gli artisti che si esibivano nel vicino palaforum da 12.700 posti a sedere: gli artisti continuarono a pretendere di dormire nei migliori alberghi del centro città, l’albergo divenne il punto di riferimento del loro staff tecnico e del turismo commerciale di passaggio. Le stelle a un certo punto furono ridotte da cinque a quattro, l’investimento non è mai stato ammortato. Non credo abbia avuto migliore fortuna l’enorme albergo di categoria 5 stelle costruito con vista sul Santo Gra (divertente definizione sentita in radio a proposito del grande raccordo anulare di Roma): 601 camere con doppi bagni, Centro congressi per 7000 persone, SPA di 1700 metri quadrati, nessun collegamento ferroviario o metropolitano con la città. Il progetto di fattibilità? Spendere qualche centinaio di miliardi di lire (oggi si calcolano in milioni di euro, le cifre sembrano meno imponenti).

Il piano di fattibilità
Ricordo la prima volta che ho intervistato Ralph Riffeser, titolare e deus ex machina dell’Hotel Cavallino Bianco di Ortisei, una macchina formidabile che inanella successi da oltre 15 anni. “Sono un borghese europeo, quando avevo i bambini molto piccoli ho viaggiato molto con la mia famiglia e mi sono reso conto di quali erano i problemi che ospiti come noi incontravano andando in albergo. Dalla mia personale esperienza ho tratto gli elementi per rifare letteralmente l’albergo storico della mia famiglia e creare un prodotto che non esisteva: il family hotel concepito per le famiglie borghesi occidentali con bimbi da zero a 16 anni a partire dal concept stesso della camera per arrivare ai servizi e alla selezione e formazione dello staff.” Nel 2003 Riffeser decise di non accettare più prenotazioni di coppie senza figli. Dagli 80 collaboratori con i quali ha iniziato nel 2001 è arrivato a oltre 130 (una sessantina gli animatori focalizzati esclusivamente sugli ospiti più piccoli) suddivisi per divisioni con obiettivi ambiziosi da conseguire di anno in anno. Il suo è il successo di una programmazione continua, di obiettivi sempre più ambiziosi, della capacità di ascoltare i propri clienti, dai più piccoli ai più anziani, all’insegna della soddisfazione di tutti ma proprio di tutti. I risultati economici e i riconoscimenti internazionali che piovono sul Cavallino Bianco come una sorta di pioggia primaverile lo dimostrano. Ortisei, lungo la statale della Val Gardena, di per sé non è una località migliore delle altre esistenti sull’arco alpino a cavallo tra Italia e Austria eppure tra l’Hotel Cavallino Bianco, l’Hotel Gardena, l’Hotel Adler vanta alcuni degli alberghi di maggior successo in Europa. Che sia la particolare finezza dell’aria che stimola maggiormente le sinapsi dei gardenesi? Hugo Bernardi, titolare con la moglie Cinzia dell’Hotel Gardena, ha appena inaugurato, a 50 metri dall’albergo, un immobile costituito da tre corpi di fabbrica in rigoroso stile gardenese. Nel primo abita con la sua famiglia e alloggia lo staff dell’albergo, il terzo lo ha adibito ad appartamenti che ha venduto finanziando l’intero complesso, il secondo immobile ospita appartamenti in stile contemporaneo, molto eleganti e funzionali, che vengono affittati a settimane, a volte anche per mesi. Sotto l’edificio, i box per i condomini e il garage per gli ospiti dell’Aparthotel. Ha anticipato Airbnb a Ortisei con il vantaggio di offrire sia il garage che i servizi alberghieri. Da Ortisei parte la funivia che sale sull’Altopiano dello Sciliar dove Bernardi a Compatsch, nel primo paese per chi sale in automobile o con l’altra funivia che sale sull’altopiano, ha realizzato una seconda macchina da guerra, l’Alpina Dolomites, l’albergo di alta montagna del Terzo Millennio con immensi spazi comuni e camere spaziose e solari grazie alle grandi superfici trasparenti con vetrocamera, SPA di ultima generazione, tutti i servizi indispensabili per chi va in montagna d’estate o d’inverno. In entrambi gli alberghi la ristorazione, dalla prima colazione del mattino alla cena nei vari ristoranti dei due alberghi, è uno spettacolo di allegria e abbondanza oltre a essere la trave portante della qualità del servizio e della soddisfazione degli ospiti. Dopo essersi fatto le ossa nell’albergo di famiglia di Ortisei, che ha portato in seno a Relais & Chateaux, uno dei più prestigiosi consorzi alberghieri del mondo, Bernardi ha concesso il bis a Compatsch affiliando l’Alpina Dolomites ai Leading Hotels of the World. Bernardi da giovane voleva fare il pilota di formula uno, non c’è riuscito ma è rimasto un pilota di razza sia quando sale e scende dalla valle ma soprattutto per come dirige i suoi alberghi aiutato dalla moglie Cinzia. Che faremmo noi poveri uomini senza l’assistenza quotidiana delle vere vestali del focolare domestico?
Non ho conosciuto Carlino Cinque, quella sorta di genio della costiera amalfitana che inventò Positano come destinazione turistica negli anni Quaranta e Cinquanta e poi compì il suo capolavoro inventando dal nulla il San Pietro di Positano trasformando in albergo un brullo costone di pietra che disponeva di un paesaggio eccezionale davanti a sé ma nulla di più. Ho conosciuto la sua nipote preferita, Virginia, preziosa memoria vivente della storia dello zio e dell’albergo, che ha passato la mano ai suoi due figli, Vincenzo e Carlo, che per una coincidenza hanno lo stesso cognome dello zio. Il San Pietro di Positano è il risultato della visione di un personaggio degno della migliore cinematografia italiana, amico degli artisti che grazie a lui scoprirono e frequentarono la costiera a partire da Eduardo che al San Pietro era di casa nonostante si fosse acquistato l’isoletta che spunta dal mare tra Positano e i lontani faraglioni di Capri. Il San Pietro di Positano è considerato tra i più begli alberghi del mondo. Il piano di fattibilità Carlino Cinque manco sapeva che esistesse: era lui, la sua sensibilità, il suo genio. Qualunque laureato della Bocconi lo avrebbe sconsigliato, invece aveva ragione Carlino: l’esperienza e il cuore sono gli strumenti fondamentali per capire i propri simili e sognare ciò che non esiste.
Di recente ho visitato un albergo che mi ha regalato un’emozione assai intensa: per lavoro sono un nomade e tendo a non affezionarmi ai troppi alberghi che frequento. Qui ci ho lasciato il cuore. E’ il San Luis di Avelengo, sopra Merano, a 1450 metri di quota, ricavato in un lotto di 30 ettari di bosco con un laghetto artificiale al centro attorno al quale i Meisters di Merano (Walter e la moglie Ilse, i figli Claudia e Alex) hanno fatto edificare 44 chalet costruiti interamente con legno lunare, 16 su piattaforme aeree anche a 10 metri di altezza, con la Clubhouse che si specchia nel lago realizzata con legno vecchio di oltre un secolo proveniente da fienili di montagna con reception, ristorante, SPA con camino sempre acceso con la piscina interna riscaldata che esce anche all’esterno all’interno del lago artificiale (da cui è separata). L’inverno, l’ospite che nuota al caldo dei 34 gradi dell’acqua della SPA ammira altri ospiti che pattinano anche a un metro di distanza sulla superficie ghiacciata del lago. L’estate nel lago si pagaia. Ci si può fare anche il bagno. La Clubhouse ha otto camini, gli chalet (con esclusione di quelli sulle piattaforme) hanno il camino funzionante (curatissimo il tiraggio, che è stato testato attentamente) e la catasta di legna appena fuori della porta, le pareti verso il lago hanno ampie finestre con vetrocamere, la prima colazione è servita nello chalet. Sei ancora a letto, senti i folletti del bosco che entrano di soppiatto e lasciano la colazione che hai ordinato la sera precedente oltre la porta scorrevole che separa la zona living dallo studiolo e dalla cucina posta all’entrata. I 30 ettari del bosco che circondano il San Luis, isolandolo fisicamente dalla strada provinciale che corre a mezza costa, si perdono in mezzo all’immensità di boschi e cime che collegano la dorsale meranese con il parco naturale del Tessa che separa l’Italia dall’Austria. Se esiste il paradiso, il San Luis ne è una buona rappresentazione. I Meisters sono al novantaduesimo anno come albergatori, alla quarta generazione, Walter è stato il presidente degli albergatori del Sud Tirolo dal 1993 al 2013, il loro albergo di Merano, il Meisters Hotel Irma è stato il primo albergo dell’arco alpino italiano a dotarsi di un centro wellness negli anni Settanta quando il termine neppure esisteva nel vocabolario di lingua inglese. Sono stati tra i primi anche a realizzare camere sugli alberi, concetto che hanno sviluppato compiutamente nel San Luis. Concretezza economica (Walter Meister è ragioniere), capacità di ascoltare soprattutto durante i viaggi per scoprire e confrontare (il famoso benchmarking), fiducia nelle nuove generazioni attraverso la loro reale responsabilizzazione (il San Luis è gestito da Claudia e Alex, 40 e 36 anni), Etica di stampo protestante indipendentemente dalla fede professata, passione per il proprio lavoro, rispetto rigoroso per i propri collaboratori, da motivare con il sorriso prima ancora che con lo stipendio, la facilità nel comunicare con i propri ospiti. I Meisters sono profondamente meranesi e sudtirolesi, ne cogli l’accento quando parlano in italiano solo se ti sforzi. Anche questo fa parte del bagaglio culturale di un vero imprenditore.

Il Marketing del Buon Senso
Non sono un accademico, appartengo alla generazione dei Baby Boomers (classe 1951), lavoro nel turismo dal 1982, dirigo Hotel Domani dal 1992 dopo averlo diretto una prima volta a cavallo tra 1988 e 1989, quando gli insufflai nuova vita assieme ai due architetti che lo avevano rilevato dopo la morte del fondatore che aveva portato alla momentanea cessazione della pubblicazione nata a inizio anni Settanta. Ho scritto diversi libri per l’editore Tecniche Nuove tra cui il “Manuale dell’edificio alberghiero” e il “Manuale del Direttore d’albergo”, entrambi con Claudio Nobbio, ex direttore di lungo corso di alberghi di prestigio tra Firenze e Venezia. Per conto mio ho anche pubblicato l’eBook di Tecniche Nuove ”L’Italia è un paese per turisti”. Nella mia lunga carriera ho visitato qualche migliaio di alberghi (in Australia, Asia, America del Nord, Africa, Europa) soprattutto in Italia da quando dirigo Hotel Domani. Ho vissuto in prima linea l’evoluzione del mondo alberghiero dal telex al fax a Internet, dalle chiavi tradizionali per accedere alle camere a quelle con le schede traforate, con la banda magnetica, con il chip elettronico alle moderne schede elettroniche senza contatto, dall’AS/400 (i muli della gestione informatica negli anni Novanta) alle reti dei personal computer ai tablet agli smartphone, dalle camere senza aria condizionata e riscaldamento al mare alle camere tecnologiche più sofisticate gestite con la domotica, dagli edifici integralmente in cemento armato alle costruzioni in legno, vetrocamere e acciaio più sofisticate, dai centri benessere “tirolesi” anni Novanta alle Spa olistiche del nuovo millennio. Il mio primo computer è del 1986, un Apple Macintosh da 14 pollici con il quale scrivevo e impaginavo un tabloid, ho vissuto tutta l’epopea di Internet, gestisco il sito web di Hotel Domani e un gruppo di 20.000 iscritti in Facebook, Votiamoperilturismo. Non twitto e il mio primo smartphone è del 2016 perché finora gli ho preferito il tablet oltre al personal computer. Soprattutto, ho conosciuto e analizzato nel corso di trent’anni di attività un’infinità di alberghi imparando a distinguere tra i vincenti e i perdenti già solo guardandomi attorno sulla soglia dell’hotel o confrontando nel tempo le perplessità che mi erano sorte davanti al racconto che mi era stato fatto e i risultati oggettivi delle singole aziende alberghiere o dei gruppi alberghieri nel loro complesso. Ho conosciuto e intervistato personaggi e professionisti assai diversi sia nel modo di presentarsi e di raccontare le loro storie che per gli esiti delle stesse.
Per quanti libri abbia letto, per quanti libri leggerò, sono più che mai convinto che il buon senso sia lo strumento fondamentale per qualsiasi attività che voglia avere un senso e non solo un epitaffio. E’ il buon senso che ti induce ad aprirti al mondo, acquisire tecniche di gestione e tecnologie di ultima generazione, affidarti a collaboratori che ne sappiano più di te nei singoli settori, svolgere il ruolo di regista che l’esperienza e il talento ti hanno affidato.

Ascoltare. Ascoltare. Ascoltare
- Ultima modifica: 2016-03-06T14:51:22+01:00
da Renato Andreoletti

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