Un Doge romano a Venezia

Intervista confessione del General Manager del Gritti Palace di Venezia, di recente nominato General Manager italiano dell’anno 2014 del Chapter nazionale dell’European Hotel Managers Association (EHMA), “un riconoscimento al suo prestigioso percorso nella dirigenza alberghiera e ai traguardi che ha saputo raggiungere grazie alle sue capacità di innovazione, nonché alla creatività e all'attenzione verso il territorio e le risorse umane” come recita la motivazione del premio
Intervista confessione del General Manager del Gritti Palace di Venezia, di recente nominato General Manager italiano dell’anno 2014 del Chapter nazionale dell’European Hotel Managers Association (EHMA), “un riconoscimento al suo prestigioso percorso nella dirigenza alberghiera e ai traguardi che ha saputo raggiungere grazie alle sue capacità di innovazione, nonché alla creatività e all'attenzione verso il territorio e le risorse umane” come recita la motivazione del premio

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Paolo Lorenzoni, GM The Gritti Palace“Sono nato a Roma il 10 febbraio del 1953. Dopo le medie mi iscrissi a un istituto tecnico ma con poca voglia di studiare. Intervenne mio padre. Mi iscrisse alla Scuola alberghiera di Fiuggi dove vivevo tutta la settimana come convittore tornando a casa solo per il fine settimana. Le scuole alberghiere all’epoca erano anche scuole di vita: l’estate andavi a fare la stagione in albergo, pagato. Erano i nostri insegnanti che ci trovavano l’albergo dove andare a lavorare. Ricordo che una stagione la trascorsi a Portofino, al Piccolo Hotel, dove lavoravo in portineria. Convinsi la proprietaria (una gentilissima signora tedesca) ad anticiparmi i soldi per acquistare una motoretta con la quale la sera andavo a divertirmi a Santa Margherita Ligure. Chiamarono i miei genitori per chiedere come andavo. La signora rispose che ero un bravo ragazzo però la sera non tornavo in albergo mai prima delle tre o delle quattro di notte. Avevo 17 anni. Sono stato un giovane molto vivace… A Fiuggi feci il triennio, il biennio successivo lo feci a Roma nella Scuola alberghiera Tor Carbone, nella sezione di via della Scrofa. Dopo il diploma di maturità cercai di entrare in banca, dove lavorava mia madre. All’epoca c’era ancora il mito del posto fisso. Ho svolto diversi lavori finché un amico mi mandò da Goldin, all’epoca Direttore del personale della Ciga Hotels. Incontrai il dottor Goldin all’Hotel Excelsior di Roma. Mi propose due alternative: San Juan de Portorico o Venezia. Portorico mi sembrò troppo lontana, così accettai Venezia. Oggi avrei fatto la scelta opposta perché penso che i giovani devono fare esperienze che allarghino il più possibile gli orizzonti geografici e culturali. Venezia d’altra parte non era di certo una scelta di ripiego. Iniziai come stagionale all’Hotel Des Bains al Lido. Era il 1976. Dopo la stagione a Venezia, tornai a Roma dove fui assunto all’Holiday Inn St. Peter’s, oggi Crowne Plaza St. Peter’s. Lavoravo di notte, eravamo tre impiegati, gestivamo check-in e check-out, centralino e city-ledger di un albergo con 337 camere. Ospitavamo anche gli equipaggi di molte compagnie aeree. Fu un’esperienza decisiva. Vi ho lavorato per un anno e mezzo. Mi chiamarono dal Grand Hotel di Roma per un colloquio. Era il 1978. Iniziai come impiegato di Ricevimento al Grand Hotel di Roma quando quell’albergo era uno degli alberghi di riferimento principali non solo di Roma. La clientela era davvero il top. Ho avuto dei grandi maestri tra i miei colleghi. La clientela del lusso dell’epoca era diversa rispetto a oggi: ne è cambiata l’antropologia sociale. All’epoca arrivava solo dietro prenotazione. Alcuni addirittura non dovevano neppure pagare il conto: avevano il segretario al seguito che provvedeva. Se l’ospite in arrivo non aveva la prenotazione, il vetturiere doveva saper valutare la qualità del bagaglio dell’ospite per evitare i mitomani e i truffatori che non avrebbero pagato il conto. Se non si fidava, entrava nella hall, guardava i colleghi del Ricevimento e faceva un cenno del volto preciso anche se impercettibile. La Reception si regolava di conseguenza. L’albergo è sostanzialmente indifeso se il cliente parte senza pagare dopo aver soggiornato anche per più giorni. Ti puoi rivalere soltanto trattenendo il bagaglio ammesso che dentro ci sia qualcosa di prezioso. L’uso delle carte di credito ha ridotto di molto questo rischio d’impresa. Al più, se la carta di credito risulta clonata, è la società che l’ha emessa che di norma preferisce accollarsi il danno per salvaguardare la sua immagine. Chiunque abbia lavorato al Ricevimento prima o poi è stato vittima di una fregatura del genere.”

Il Grand Hotel des Iles Borromées
“In Italia nel settore alberghiero sicuramente tra gli imprenditori che si sono qualificati per lungimiranza ci sono Bagnasco e l’Aga Khan, che si sono passati il controllo della Ciga tra la fine degli anni Settanta e la fine degli anni Ottanta. Tra il 1982 e il 1983 Bagnasco indisse un concorso per giovani laureati che volevano entrare nel mondo alberghiero. Tra questi, arrivò Antonello Passera. Antonello entrò al Grand Hotel di Roma come Room Division Manager, nel 1984 diventò General Manager del Grand Hotel des Iles Borromées di Stresa, sempre della Ciga. Mi portò a Stresa come Front Office Manager. Vi sono rimasto tre anni. Da tre anni ero anche sposato, mia moglie rimase a Roma con nostro figlio. Facevo il pendolare tra Roma e Stresa. Volevo tornare a Roma così andai da Mario Miconi, Direttore Generale di Ciga in quel momento in gestione all’Aga Khan, che era appena subentrato nel controllo della compagnia. Miconi mi propose un training di un anno nella ristorazione per affinare le mie capacità professionali, in quanto la ristorazione era il punto più critico della gestione alberghiera. Avevo 36 anni. Così per un anno svolsi tutte le mansioni necessarie per poter dirigere un reparto F&B, dal cameriere in sala all’Excelsior di Roma al barman al Grand Hotel di Roma all’ufficio acquisti a Firenze, in cucina con Sergio Mei all’Hotel Pitrizza a Porto Cervo in Costa Smeralda in Sardegna, ancora con Sergio Mei al Palace Hotel a Milano. A Parigi, al Meurice, altro albergo di prestigio della compagnia, per tre mesi mi occupai del banqueting. Completato questo iter formativo, nel 1990 tornai a Roma come Banqueting Manager all’Excelsior Hotel di Roma. Svolsi quella mansione per quattro anni. La gavetta era alla base della carriera professionale. Nel 1994 Mario Miconi, General Manager Ciga, mi propose il ruolo di Room Division, sempre all’Excelsior. I miei mentori professionali: Antonello Passera, Nadio Benedetti, Mario Miconi, Giorgio Manenti.”

The Westin Excelsior, Roma
“Nel 1995 la Ciga viene acquistata dall’americana ITT Sheraton. Come Area Manager arriva Giorgio Manenti. Mi nomina Resident Manager dell’Excelsior Hotel. Un giorno Giorgio Manenti mi invita a una cena e scopro che dovrò andare negli States a Seattle, per conoscere meglio il brand Westin: mi viene affidato il compito di effettuare il rebranding di cinque alberghi italiani che avrebbero assunto quel marchio, uno rispettivamente a Roma, Firenze e Milano, due a Venezia. Nell’estate del 1998 in occasione del marketing plan a Milano mi chiama in ufficio il nostro Vice President Roeland Vos: mi propose la posizione di General Manager al Westin Palace. Ne fui contentissimo. Mi diede solo dieci minuti di tempo per accettare. Fu cosi che arrivai a Milano nell’agosto del 1998, ovviamente con il cosenso di mia moglie Gianfranca che è sempre stata il regista occulto della nostra famiglia e in particolare della mia vita. A Milano sono rimasto per un anno e mezzo. A fine 1999 cercavano un General Manager per l’Excelsior di Roma. Fu Giorgio Manenti a proporre la mia nomina che fu attentamente valutata dal VP Starwood dell’epoca e dal Presidente EAME Starwood. Così divenni General Manager del The Westin Excelsior, uno degli alberghi di punta della compagnia. Vi sono rimasto quasi nove anni: l’ho ristrutturato in maniera radicale tenendo aperto l’albergo. I lavori, a lotti, sono iniziati nel 2000 e terminati nel 2004. Vi abbiamo realizzato tra l’altro la più grande suite d’albergo in Italia su due piani nella cupola dell’edificio con una superficie complessiva di 1100 metri quadrati. Abbiamo realizzato anche la Spa.”

The Gritti Palace, Venezia
“Nel 2008 ho avuto un problema di salute, sono stato assente da maggio fino a ottobre, a novembre ero di nuovo operativo. Visti i miei trascorsi all’Excelsior, mi hanno proposto di seguire il restauro radicale del Gritti Palace a Venezia, dove mi trasferisco. Ci sono ancora. A Roma ero abituato a un albergo di grande dimensioni, mi ritrovo a dirigere un albergo dalle dimensioni assai più contenute. Scopro l’importanza della Brand Reputation sia dell’albergo che della destinazione. Il Gritti Palace ha tariffe assai elevate e una clientela oltremodo fedele. Il Gritti è più di un albergo, è un’emozione e ha qualcosa di magico. E’ il punto di riferimento di una élite che non è solo benestante, è soprattutto sensibile ai valori dell’arte e della cultura. La vera ricchezza dell’ospite del Gritti è il tempo: per vivere, per leggere, per gustare un quadro, per camminare per calli e campielli, per degustare una cena seduti al ristorante che si affaccia direttamente sul Canal Grande con la terrazza esterna che corre lungo l’intera facciata a canale: qui vi si gusta la prima colazione del mattino. All’ora del pranzo, è affollata soprattutto di turisti e di veneziani.”

Accogliere e ospitare
“A Venezia più che in qualsiasi altro posto ti rendi conto, se lavori in una realtà esclusiva come il Gritti, dell’importanza delle Risorse Umane per affermare l’eccellenza anche in termini economici per l’albergo. L’interazione con la clientela, la capacità di esserne i precettori oltre che i confidenti, non riguarda solo il direttore, che pure deve accogliere i clienti in arrivo e salutare quelli in partenza perché la nostra è una clientela che se lo aspetta, ma dal facchino al receptionist, dalla cameriera ai piani ai camerieri in sala, dai barman ai cuochi, tutti coloro che lavorano in albergo sono consapevoli dell’importanza della qualità del servizio e del loro impegno a fornirlo in maniera empatica, collaborativa, responsabile. L’albergo deve saper condurre una politica tariffaria che privilegi la qualità della clientela. Il vecchio detto che la moneta cattiva scaccia quella buona vale soprattutto nella gestione del revenue management. L’albergo deve saper comunicare sia la propria qualità che quella del territorio attraverso tutti gli strumenti tecnologici oggi disponibili. Deve saper coniugare gli strumenti tecnologici più avanzati con i valori dell’accoglienza e dell’ospitalità più antichi. Deve saper interpretare i trend storici in cui viviamo. Deve saper analizzare e dialogare con le recensioni, sia con quelle presenti nei portali turistici che con quelle che la nostra compagnia sollecita da parte dei nostri ospiti che vengono raggiunti direttamente a casa. Internet ha cambiato il mondo rendendolo decisamente più democratico. Quarant’anni fa in cucina prevalevano i menù scritti in francese e i piatti della cosiddetta cucina internazionale. Oggi si è affermata la cucina del territorio e le materie prime della stagione. E’ una rivoluzione culturale che abbiamo introdotto anche al Gritti grazie alla collaborazione con i nostri grandi cuochi.”

I giovani e il mondo alberghiero
“Consigli per un giovane che voglia entrare nel nostro settore: viaggiare, impegnarsi, scoprire la passione per questo lavoro, che è meraviglioso. Nello stesso tempo, deve munirsi di grande umiltà perché non si finisce mai di imparare. Se vuol fare carriera, esattamente come in tutte le altre professioni, non deve badare all’orario di lavoro ma semmai essere sempre disponibile per cogliere le occasioni di formarsi, di fare nuove esperienze, di conquistarsi la fiducia dei capi come dei propri colleghi. E’ un lungo percorso ma è anche un percorso costellato di grandi soddisfazioni. Bisogna riabilitare il termine sacrificio che è innanzitutto la capacità di sapersi donare agli altri, di affermare la propria individualità e le proprie ambizioni attraverso il lavoro e l’interazione con i propri simili, che siano i propri colleghi e i propri capi, che siano gli ospiti dell’albergo. E’ la grande giostra della vita nella quale ognuno trova il proprio posto a seconda della passione, dell’impegno, anche della fortuna, sia chiaro. Fortuna però che bisogna saper riconoscere e guadagnarsi. Quanti sono i giovani che impegnano il proprio tempo per studiare anche ciò che non è direttamente legato ai libri di scuola: l’arte, la storia, la cultura, la geografia del proprio territorio e poi dei luoghi dove ti accade di andare a vivere? Ci vuole molta curiosità: è il primo ingrediente che distingue chi vale, in ogni settore. Quando dei giovani che hanno lavorato con me fanno carriera, il loro successo è anche il mio successo.”

Il restauro del The Gritti Palace di Venezia
“La decisione di restaurare in maniera significativa l’albergo è del 2008, però solo nel 2010 si iniziò a valutare il progetto di restuaro completo sotto la guida del designer americano Chuck Chewning, Direttore Creativo di Donghia, azienda di fama internazionale fondata da Angelo Donghia, parte del Gruppo Rubelli. Costo finale dell’intervento: 35 milioni di euro. La nostra prima preoccupazione, che abbiamo condiviso con i nostri ospiti, è stata quella di rassicurarli che si trattava di un restauro conservativo, non di una trasformazione dell’albergo. I nostri clienti erano davvero preoccupati che andasse persa l’unicità di questo albergo, che riposa su oltre 500 anni di storia. Li abbiamo rassicurati: Chuck Chewning a Venezia tra l’altro si è occupato del restauro dell’hotel The Westin Europa e Regina, che fa parte come il Gritti Palace del gruppo Starwood Hotels & Resorts. Abbiamo fotografato le camere e catalogato ogni oggetto presente in albergo, ogni specchio delle pareti, ogni elemento dell’edificio. L’albergo è colmo di mobili di antiquariato, di lampadari di Murano Ca’ Rezzonico originali del 1948, di lampade Fortuny, di quadri di pregio come i tre quadri di Pietro Antonio Longhi (Venezia, 1702-1785), uno della scuola del Guercino (1591-1666), di oggetti d’arte provenienti da tutto il mondo. Abbiamo portato il tutto in un magazzino a Marghera dove sono rimasti durante i lavori di ristrutturazione dell’edificio, che andava messo a norma, a partire dalla grande vasca di contenimento che è stata realizzata nelle sue fondamenta, fondamenta che in parte erano già state realizzate in cemento armato nel 1948. Oggi l’albergo dispone per i 2000 metri quadrati del piano terra di una vasca di contenimento profonda 1,80 metri, perfettamente coibentata, che ci dà la sicurezza di poter affrontare l’acqua alta di Venezia fino a una soglia massima di 1,85 metri: la maggiore, nella storia della città, ha raggiunto 1,94 metri il 4 marzo del 1966. L’edificio è stato dotato anche di un impianto idraulico antincendio sprinkler. Abbiamo ridotto il numero delle camere da 91 a 82, sacrificando anche degli sbarchi di ascensore per poter dotare le camere di bagni più grandi e confortevoli, il tutto sotto il controllo della Sovrintendenza alle Belle Arti di Venezia. Molte suite hanno la possibilità di essere collegate alle camere vicine tramite una piccola anticamera comune, dotata di una propria porta, trasformandosi in veri e propri appartamenti. Rubelli ha realizzato i tessuti tesati con i quali abbiamo rinnovato le tappezzerie delle pareti, ogni camera ha ritrovato la sua unicità, non ce ne sono due uguali, ognuna ha un proprio nome. I bagni sono qualcosa di unico, pavimentati e fasciati con lastre di marmo di 90 centimetri di larghezza che arrivano anche al metro e sessanta di altezza, utilizzando la tecnica della macchia aperta per far combaciare le venature. Sono marmi di notevole pregio: dal Calacatta grigio e oro al rosso Verona, al verde Tirreno, al verde Alpi, al Salomè. Abbiamo rifatto la gran parte dei pavimenti in terrazzato veneziano, tutti rigorosamente realizzati a mano. Camere e suites hanno il parquet in legno di rovere. Le suite hanno la sala da bagno con vasca e box doccia, con doccione centrale e doccia mobile. All’ultimo piano disponiamo di una terrazza di 250 metri quadrati con tanto di piscina jacuzzi: l’abbiamo collegata alla suite Redentore con una scala a chiocciola interna, sulla terrazza ci si può arrivare anche con un ascensore che risulta dedicato alla suite. Sulla terrazza si possono organizzare anche cene per una sessantina di persone. Vi si gode uno dei migliori panorami di Venezia a 360 gradi: all’orizzonte, verso Nord, le Dolomiti.”
L’albergo è stato chiuso il 4 novembre 2011 e riaperto il primo febbraio 2013. Oggi il Gritti Palace dispone di 82 camere di cui 61 camere doppie e 21 suite.
L’Executive Chef del Gritti Palace è Daniele Turco. Il ristorante si chiama Club del Doge.
Tra le novità del restauro, la realizzazione della Blu Mediterraneo SPA di Acqua di Parma, costituita da due spa suites, dotate di sauna e docce emozionali, dove effettuare massaggi e trattamenti estetici anche di coppia e una palestra con attrezzature TecnoGym tra cui la Kinesis.

Un Doge romano a Venezia
- Ultima modifica: 2014-11-19T09:25:28+01:00
da Renato Andreoletti

1 commento

  1. Caro Renato,ho letto con molta attenzione il contenuto dell’intervista che hai fatto allo stimato Paolo Lorenzoni General Manager del Gritti Palace di Venezia.
    Dopo la lettura ho sentito il desiderio di esprimerti il mio più sincero compiacimento per il grande significato che questo tuo “messaggio di professionalità” ha nel settore turistico alberghiero.
    Il Doge romano, come tu lo definisci, ha molto da insegnare ai nostri giovani colleghi direttori per il suo pregevole percorso professionale: così come hai esposto l’articolo al lettore mi ha personalmente emozionato; come ho sempre pensato l’esperienza affiancata a un severo tirocinio a lungo andare da i suoi risultati. R.S.

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