Elisabetta Fabri, Starhotels: la donna delle stelle

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Nel corso di un’ora di conversazione, tra le parole di Elisabetta Fabri l’Italia ricorre spesso. Spessissimo. Ma mai per caso, e sempre con un’intenzione, come a pronunciare ogni volta la risposta a una domanda arrivata da lontano. L’Italia e poi il resto, accompagnata di volta in volta da “bellezza”, “tesoro”, “gioia” e altre parole di quelle che si riservano ai pochi. Agli eletti. A chi si ama. D’altronde la presidente e AD di Starhotels l’Italia ha imparato ad amarla due volte. La prima quando ci è nata, per giunta in quel salotto mistico che è Firenze. La seconda di riflesso, quando da ragazza con la valigia ha scorto e fatto suo il sentimento verso lo Stivale di chi italiano non era, in giro per il mondo. Non può stupire che oggi, dagli occhi degli altri, quel sentire le sia arrivato all’anima, e che “L’Italia nel cuore” sia oggi la frase-manifesto di una catena alberghiera da trenta e più alberghi, la sua. Oltre che una promessa per chi entra in hotel, e vuole trovarci luce per quello sguardo tricolore a lungo immaginato.

La sua è la biografia di una persona che in hotel ci è praticamente nata, sulle orme di suo padre.
Esattamente. Mio padre Ferruccio, ingegnere e costruttore di origini reatine, negli anni ’80 ebbe l’intuizione di investire nel settore alberghiero, a cominciare da Firenze, dove sono nata. Era un uomo dai valori profondamente radicati, che mi ha trasmesso e fatto respirare sin da piccola quando, su ispirazione dei grandi gruppi americani, decise di dare vita ad una catena alberghiera di proprietà familiare, con hotel nel cuore delle più belle città d’Italia. Nei miei ricordi di bambina conservo ancora le visite ai cantieri.

Il suo percorso formativo è venuto di conseguenza.
Sì, mi sono diplomata all’Ecole Hôtelière de Lausanne, per poi conseguire un bachelor in Business Administration alla John Cabot di Roma. Quando sono tornata ho iniziato un lungo apprendistato, durante il quale ho ricoperto praticamente tutti i ruoli in hotel, preparandomi a prendere in mano le redini dell’azienda, inizialmente al fianco di mio padre. Starhotels cresceva e io portavo avanti il mio percorso formativo, in gran parte all’estero: l’esperienza internazionale mi ha arricchita umanamente e mi ha insegnato quanto l’Italia sia amata nel mondo. Poi, nel ‘92, sono diventata imprenditrice a tutti gli effetti, fondando la Starhotels International e decidendo per l’acquisto – con il parere sfavorevole di mio padre – del The Michelangelo di New York, nel cuore di Manhattan. Aprire un hotel di lusso in un Paese in cui non eravamo ancora presenti è stato forse un azzardo, ma ha segnato la strada della nostra futura crescita sotto la mia direzione, incentrata sul riposizionamento dei nostri alberghi e l’internazionalizzazione del gruppo. È stato proprio mio padre a insegnarmi l’importanza di avere coraggio nella vita, di andare controcorrente quando necessario, di non arrendermi mai di fronte agli ostacoli.

Cosa avrebbe fatto se non fosse cresciuta in azienda?
Mi piaceva molto l’idea di frequentare il liceo artistico, e poi architettura. Ma l’interior design e l’architettura costituiscono comunque buona parte del mio lavoro, con lo studio interno che si occupa di tutti i nostri alberghi, dalla ristrutturazione alla manutenzione: abbiamo 4.200 camere di cui prenderci continuamente cura.

Ad affiancarla si prepara una terza generazione?
Sì, ho due figli gemelli di vent’anni. Mia figlia è in Svizzera, sulle mie stesse orme, mentre mio figlio è in Inghilterra a studiare business.

Qual è l’aspetto dell’ospitalità che ritiene più suo e che fa da tratto unificante di ogni vostra struttura?
L’ospitalità è per me un’arte, che portiamo avanti da oltre 40 anni con l’obiettivo di creare ricordi indelebili per gli ospiti che ci scelgono. Starhotels è cresciuta intorno all’importanza delle persone: la differenza sta sempre nell’attitudine di chi accoglie, nelle attenzioni, nell’empatia del personale che restituisce qualcosa di intangibile ma di grande valore. La passione delle persone si sente ed è contagiosa: in questo sono stata fortunata, perché sono sempre stata circondata da collaboratori appassionati di questo mondo, come me. E poi c’è un tratto unificante più “di sostanza”.

Quale?
Ogni nostro hotel è progettato internamente, fatti salvi i casi in cui abbiamo innestato la visione di altri architetti, come per esempio Anouska Hempel per il Franklin di Londra e l’Helvetia & Bristol di Firenze. Cerchiamo di restituire sempre il sense of place, o genius loci che dir si voglia, anche attraverso la collaborazione con artigiani e aziende locali. Un altro filo comune delle nostre strutture è, infatti, il Made in Italy: per noi è un must, non si discute. E aiuta a rendere unico ogni nostro hotel. Mio padre aveva cominciato con degli hotel standardizzati, ma a Milano non puoi trovare lo stesso quadro, lo stesso copriletto, la stessa hall che hai a Venezia. Quindi abbiamo cominciato a diversificare: richiede tempo e lavoro, ma oggi è raro trovare un nostro albergo uguale all’altro. In comune hanno quello che chiamo il “lusso democratico”, quello che non mette in soggezione e rispetta la persona, regalando intimità e aria di casa.

L’Italia riuscirà mai a esprimere una grande catena alberghiera europea, sul modello di quelle spagnole o francesi?
È difficile, per caratteristiche tutte italiane che vedo da una parte anche come opportunità. Siamo un mercato difficilmente penetrabile, siamo molto individualisti e abbiamo un’ospitalità fatta di famiglie che hanno legami molto forti coi loro alberghi. Sicuramente Starhotels sarebbe la candidata perfetta per avviare il progetto di una grande catena internazionale: io stessa mi ritengo prima di tutto una proprietaria d’albergo, un’imprenditrice, e solo poi una manager. E questo costituirebbe una garanzia per gli altri proprietari, perché ragiono esattamente come loro.

Da qui la recente apertura alla formula della gestione?
Abbiamo sempre investito nella proprietà degli hotel, e oggi lo sviluppo prevede un modello diversificato, che include formule di management contract, franchising e lease. Siamo orientati ad aggiungere al nostro portfolio anche alberghi in gestione per arricchire l’offerta dell’alto di gamma: è il caso del Gabrielli di Venezia, che riaprirà come 5 stelle lusso nel 2024. Penso che ci siano delle opportunità per allargare la famiglia: vogliamo offrire un modello che tenga insieme i vantaggi dell’essere parte del nostro portafoglio – in termini di livello, visibilità, marketing, revenue e assistenza – e il mantenimento della propria identità.

Come mai a sud di Napoli non c’è ancora uno Starhotels?
Il sud ci interessa molto, sia in chiave leisure che cittadina, ma non abbiamo ancora trovato l’opportunità giusta. Insieme alle destinazioni estere è uno dei nostri focus principali.

Da quale regione le piacerebbe iniziare la “conquista” del Mezzogiorno?
La Sicilia, la Puglia, le isole minori come Capri…

Il 2022 per voi è stato l’anno dei record. E il 2023?
Supereremo lo scorso anno, siamo già sopra budget in questi primi mesi del 2023. E quindi siamo molto fiduciosi perché in genere i primi mesi dell’anno sono di bassa stagione, a New York, Parigi, Londra ma anche in Italia. Si vede che c’è un’accelerazione del business e della voglia di muoversi, e ne siamo felici.

Qual è lo stato dell’arte della questione di genere nel settore?
Sono cresciuta in una realtà che da sempre ha dato spazio prima di tutto al talento, senza indicazione di genere, e all’importanza dell’apporto femminile nell’ospitalità. Non nego di aver spesso notato che la presenza delle donne in ruoli apicali è ancora esigua in questo mondo, troppo spesso a prevalenza maschile seguendo preconcetti legati all’impegno che il settore alberghiero richiede. La forza distintiva delle donne sta nella propensione ad una leadership guidata da capacità quali multitasking, pragmatismo, empatia e orientamento al risultato. La sensibilità, la professionalità e l’entusiasmo, insieme alla predisposizione a cercare soluzioni innovative e creative, sono valori che giocano molto a nostro favore. E non solo nel mondo dell’ospitalità. In Starhotels ci crediamo: per nutrire ulteriormente questa naturale vocazione aziendale, nel 2021 è nato il progetto “Un futuro da Star per donne manager”.

Di cosa si tratta?
È un’iniziativa finalizzata alla crescita di talenti femminili italiani – siano esse risorse interne o nuove figure – che vengono accompagnati in un percorso di carriera di 3-5 anni che culmina con il raggiungimento di posizioni chiave nelle strutture dell’azienda. Nel 2022 abbiamo portato avanti ben 23 tra promozioni e nuove assunzioni, raggiungendo il 57% di rappresentanza femminile in ruoli manageriali. Non per caso, Starhotels è risultata il miglior datore di lavoro per le donne nel settore alberghiero dallo studio Italy’s Best Employers 2023 dell’Istituto Tedesco Qualità Finanza.

Negli anni Starhotels si è distinta anche come mecenate. Come nasce questa volontà?
Sono stata abbastanza “esterofila”, nella mia giovinezza. E ho imparato a guardare l’Italia con gli occhi degli stranieri, senza dare tutto per scontato: ho capito il valore che abbiamo e quanto bisogno ci sia di supportarlo. Ne ho fatto il nostro credo: come albergatori, siamo ambasciatori dell’italianità fin dal momento in cui i turisti entrano in hotel. È per questo che la nostra filosofia aziendale ha sempre avuto nell’impegno per la tutela del patrimonio storico-artistico uno dei valori distintivi. Ricordo con piacere il restauro della “Madonna del Velo” a Firenze, la donazione per il restauro del Maschio Angioino a Napoli, quello delle 28 statue degli “Illustri Toscani” della Loggia degli Uffizi e il rifacimento delle balaustre di Piazzale Michelangelo. Oltre all’arte, sono sempre stata appassionata della nostra ricchissima tradizione di alta artigianalità: per questo nel 2019 ho voluto dare vita a “La Grande Bellezza – The Dream Factory”, un’iniziativa di mecenatismo contemporaneo che prevede tra l’altro un premio biennale per la produzione di opere tematiche sulla base di contest legati all’hospitality, oltre all’impiego di maestranze artigiane nelle ristrutturazioni dei nostri hotel e alla realizzazione di una collezione di oggetti di alto artigianato a marchio Starhotels, acquistabili nei nostri alberghi e sul nostro sito e realizzati su disegno di una designer di fama quale Sara Ricciardi, Art Director del progetto.

Questione incoming e overtourism. Ha fatto molto parlare la sua proposta di una “beauty tax” per chi arriva in Italia. Come l’hanno presa i suoi colleghi albergatori?
(Ride) Penso di aver suscitato l’antipatia di molti colleghi, specie quelli che ragionano solo in termini di presenze. Ma cerco di guardare alle cose da cittadina, con uno sguardo più a lungo termine. L’Italia è un paese piccolo, prezioso e fragile, il più incredibile giacimento di opere d’arte, dell’ingegno umano e di bellezza naturale da tutelare con profondo rispetto. Dobbiamo fare in modo che il turismo cresca in modo sostenibile, andando quindi in direzione opposta a quanto si sta facendo con gli eccessi dell’overtourism. Dobbiamo puntare su destagionalizzazione, promozione delle destinazioni meno battute e mercati altospendenti. I nostri ospiti devono tornare a guardare al viaggio in Italia come al bene di lusso a lungo desiderato, di cui poi ci si prende cura.

E un contributo economico di chi arriva aiuterebbe questa tutela.
Esatto, più che “beauty tax” la definirei una “beauty contribution”, da destinare a sicurezza e infrastrutture. Naturalmente facendola pagare a chi può, non certo agli studenti. E facendo sì che non finisca come per la tassa di soggiorno, i cui ritorni per il turismo sono meno diretti. In Italia il 79% degli hotel è dalle 3 stelle in giù: abbiamo un’offerta per grandi numeri ma un Paese che di per sé è un prodotto d’élite, nel senso che va rispettato, e non che sia riservato solo ai turisti facoltosi. Per il settore lusso, al governo proporrei di lavorare all’idea di una vetrina internazionale dell’ospitalità italiana sul modello di ITLM Cannes, pensata solo per il mercato di alta gamma.
Un evento itinerante nel Paese, a supporto della comunicazione di tutti i luoghi simbolo del nostro immaginario. Infine, l’Italia deve avvicinare i suoi giovani all’hospitality: devono capire quanto possa essere bello diventare ambasciatori della nostra cultura e del nostro patrimonio. E per farlo servono comunicazione e scuola, con uno studio più approfondito della cultura e accademie di alta formazione alberghiera.

Sul modello delle scuole svizzere?
Si può pensare anche a sedi italiane delle realtà di eccellenza svizzere, da affiancare a quelle che ci sono già qui, in embrione. Quello dell’ospitalità è un settore capace di regalare soddisfazioni e occasioni di viaggio. Io sono partita a 19 anni, da sola, per dei corsi a Georgetown, e da lì è stato un lungo viaggiare.

Che immagino sia la più grande passione extra-lavorativa.
Nel tempo libero mi occupo di una casa in campagna, mi rilasso, vedo gli amici… E amo viaggiare, certamente.

Se deve pianificare una vacanza, sceglie gli Stati Uniti?
L’America fa parte di me, i miei figli sono nati a New York. Ma mi piace anche l’Asia, e soprattutto l’Italia, che imparo a scoprire ogni volta di più.

È una donna che sa tenere insieme corto e lungo raggio, nelle aperture di hotel come nei viaggi.
La verità è che, per certi versi, sono ancora la ragazza con la valigia, come mi chiamava mia madre.

Carta di identità
Fiorentina, madre di due gemelli, Elisabetta Fabri ha vissuto tra la città natale, Roma, Washington, New York e ancora Firenze, dove risiede. Dopo aver ottenuto il diploma all’Ecole Hôtelière de Lausanne ed il bachelor in Business Administration alla John Cabot di Roma, inizia la sua attività nell’azienda di famiglia facendo esperienza nella gestione operativa alberghiera. Ad una formazione cosmopolita ha unito un lungo apprendistato, condotto “sul campo” fin da giovanissima. Nel 2000 assume la carica di AD e Vice Presidente di Starhotels SpA, di cui 11 anni più tardi diventa Presidente mantenendo la posizione di AD. Tra i tanti incarichi e riconoscimenti, di particolare rilevanza l’onorificenza di Cavaliere del Lavoro ricevuta dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Elisabetta Fabri, Starhotels: la donna delle stelle - Ultima modifica: 2023-08-28T11:12:03+02:00 da Gianluca Miserendino

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