Guido Fiorentino, il Cavaliere di Sorrento

Rappresenta la quinta generazione della famiglia che ha fondato e ancor oggi guida lo storico grand hotel. Dopo una carriera lontano dall’albergo, il ritorno a Sorrento per viverlo ogni giorno. Storia di un presidente tra il golfo e le terrazze
Rappresenta la quinta generazione della famiglia che ha fondato e ancor oggi guida lo storico grand hotel. Dopo una carriera lontano dall’albergo, il ritorno a Sorrento per viverlo ogni giorno. Storia di un presidente tra il golfo e le terrazze

Leggi anche

Il mare che luccica è solo l’inizio, qui a Sorrento. Ma è già spiegazione di ogni altra cosa. La follia di Ulisse perso dietro a un canto e il genio rintanato tra le note di un pianoforte, il giallo limone dei giorni e il blu oltremare delle notti, che dal golfo sale a prendersi il borgo e le scogliere. E la terrazza dell’Excelsior Vittoria, che da duecento anni respira e ispira mare e poesia. Se le mura fossero pagine, quest’hotel sarebbe un romanzo nel romanzo, tra regine e imperatori, viceré e principesse, scrittori e musicisti, dive e sciupafemmine che qui hanno trascorso i loro giorni sorrentini. A guidare questo pezzo di storia, nato sotto Ferdinando II di Borbone e giunto intatto al Mattarella bis, c’è Guido Fiorentino, erede diretto dei fondatori e fatto Cavaliere proprio dall’attuale Presidente della Repubblica. L’uomo della quinta generazione dei Fiorentino ha vissuto dapprima molti anni lontano dall’hotel, scegliendo per sé altre strade professionali. Salvo poi convincersi a prenderne il timone. E a tornare a Surriento. Come una vecchia, bella canzone. O come un destino.

I Fiorentino sono albergatori da quando l’Italia ancora non c’era.
È vero. Rappresento la quinta generazione di una famiglia attiva nel mondo dell’ospitalità da 190 anni: il primo albergo, il Grand Hotel Excelsior Vittoria di Sorrento, fu inaugurato nel 1834. Via via le attività turistiche dei Fiorentino si allargarono a Napoli – dove per circa cento anni gestirono l’Hotel Vesuvio – e a Ischia, con le strutture che fanno capo al Regina Isabella. E poi a Roma, col Residence Palace, e a Milano, col De La Ville.

Un destino già scritto, il suo, vista la tradizione bicentenaria…
Quando ero ragazzo, mio padre ripeteva sempre a me e ai miei fratelli di non dare per scontato che avremmo dovuto occuparci dei nostri alberghi. Di non sentirci obbligati. Io però scelsi di iniziare a lavorare all’Hotel Vesuvio, subito dopo il liceo e scartando l’idea dell’università. Il mio esordio in albergo fu all’economato: era una tradizione di famiglia iniziare da questo ufficio, perché è il luogo da cui passa ogni cosa e dove meglio si comprende il funzionamento di un hotel. Dopo alcuni mesi, però, mi ritrovai a dar ragione a mio padre, e pensai che fosse meglio provare qualche altra strada.

E quale ha scelto?
Un settore totalmente diverso, quello dei pellami. La famiglia di mia madre aveva – e ha tuttora – delle concerie, e in tal senso mi fidai del consiglio di mio nonno. Ma piuttosto che nelle imprese di famiglia mi impiegai nell’intermediazione, ovvero nel vendere pellame alle concerie italiane del ramo calzature, abbigliamento, borse… Dopo diversi anni, da persona curiosa, durante un viaggio d’affari all’estero intravidi una bella opportunità in un servizio all’epoca poco conosciuto in Italia, una nicchia nel campo dell’Iva che rendeva possibile il suo recupero per le aziende italiane in occasione di attività all’estero. Quindi lanciai una startup in questo segmento, portandola avanti fino a poco prima di rientrare nell’azienda di famiglia.

Il ritorno a Sorrento.
Sì, nel 1999 diventai membro del CdA dell’albergo, nel 2010 amministratore e poi, succedendo a mio padre, anche presidente. E siamo all’oggi. Ma resta il fatto che una buona metà della mia attività lavorativa si è svolta al di fuori del settore alberghiero: è un elemento che mi ha aiutato e continua ad aiutarmi tanto.

In cosa in particolare?
Se devo citare un aspetto che ho portato in hotel della mia precedente carriera, scelgo la trasformazione dei meccanismi aziendali da familiari – con le decisioni prese in casa – a compiutamente manageriali. Dalle multinazionali ho appreso l’approccio nel portare avanti i progetti, la necessità di investire in innovazione e la volontà di eccellere. E ogni giorno cerco di rendere concreti questi obiettivi.

Quanto vive l’hotel nel suo quotidiano?
Lo vivo molto, moltissimo, così come altri membri della famiglia. Sono molto presente perché credo fermamente che l’azienda debba sì dotarsi di un’organizzazione manageriale ma, al contempo, coltivare la sua ospitalità familiare. Mi piace metterci la faccia, incontrare gli ospiti, creare belle relazioni. La filosofia di accoglienza che mi è stata tramandata è molto forte ed è un valore che amiamo aggiungere all’esperienza di soggiorno. Naturalmente tutto questo è reso più facile dal fatto che il nostro è un hotel da vacanza: l’ospite che sta da noi ha il tempo per godere di una terrazza, di un tramonto, di un cocktail, di una conversazione. Non dovunque è così.

Impostazione manageriale e ospitalità di prossimità: approccio tipico degli hotel indipendenti, ma sempre più spesso anche delle catene.
Vero. Noi, come altri hotel indipendenti, ci differenziamo da sempre per questo tocco personale, che poi è ciò che il cliente di alta gamma cerca. Le grandi catene lo hanno capito e non per caso oggi cercano nei direttori anche persone con una spiccata predisposizione alle pubbliche relazioni.

È membro dell’executive board di Leading Hotels of the World. Da questo osservatorio, è più facile vedere dove sta andando il lusso?
Il mio viaggio con Leading Hotels of the World, che dura da 12 anni, mi ha offerto un punto di osservazione privilegiato e una visione globale di cui sono molto grato. Credo che molti elementi dell’esperienza alberghiera continuino ad essere quelli dei miei predecessori, ai quali mi ispiro: in fondo, facciamo hôtellerie come allora, anche se con strumenti diversi e più potenti. E il servizio personale, la cura del cliente e l’anticipo dei suoi bisogni restano i punti focali sui quali un albergo di lusso deve concentrarsi, naturalmente dando per scontata l’eccellenza nei materiali, nei prodotti, nel design, e l’attenzione alla sostenibilità ambientale. Oggi come ieri, il lusso sta in quel plus di calore umano e di servizio che le persone che lavorano in struttura riescono a regalare. E nel non rispondere mai con un “no” a una richiesta dell’ospite, per quanto stramba o sfidante sia. Ne arrivano molte. Ma il bello sta proprio lì.

Che rapporto ha con i suoi dipendenti?
Amo definire i miei collaboratori come la mia grande famiglia allargata. Con alcuni di loro ci conosciamo da moltissimo tempo perché hanno lavorato e lavorano con noi da trenta o più anni, addirittura quarantasei nel caso del nostro capo-portiere: è chiaro che siano diventati veramente di famiglia, dopo che da ragazzo giocavamo a pallone insieme. E noto con grande piacere che oggi i miei figli, che sono già in azienda, vanno a giocare a pallone con i collaboratori più giovani: una tradizione che continua anche oggi che, in alta stagione, oscilliamo tra i 220 e i 250 dipendenti. Come famiglia ci piace prenderci cura delle necessità di chi collabora con noi, anche extra lavorative: se c’è da dare una mano, non ci tiriamo indietro. Ci aiuta anche il fatto di lavorare in un paese piccolo e con un’apertura più estesa rispetto agli altri hotel, dieci mesi da marzo-aprile a inizio gennaio: per noi il problema del turnover è molto limitato, se ci paragoniamo a un albergo di città.

Ecco, cosa pensa del tema della carenza di personale?
Negli ultimi anni il lavoro nel settore turistico ha visto un po’ sbiadire il suo fascino. Si è parlato tanto di come vengano trattate male le risorse umane nel settore, generalizzando pericolosamente gli esempi negativi. A mio parere, non è solo lo scarso appeal a motivare le criticità, ma anche la moltiplicazione delle strutture ricettive, anche extra-alberghiere. E incide anche la denatalità: saranno sempre meno i giovani nati in Italia e qualificati che entreranno nel mondo del lavoro. Non è un problema esclusivo del turismo, ma del sistema, che va affrontato a livello politico.

Può essere una soluzione importare in Italia i modelli formativi delle celebri scuole di hôtellerie straniere?
Le scuole cui fa riferimento sono delle eccellenze, sono tutte private e con dei costi importanti, tanto che attingono ai mercati internazionali. Io credo che il nostro Paese, dove il turismo “pesa” il 12-13% del Pil, debba semplicemente investire anche sull’esistente, migliorando gli istituti che già abbiamo. Anche cambiando la percezione che vorrebbe la scuola alberghiera inferiore a un liceo, come prestigio e possibilità di carriera. Bisogna far capire agli italiani che lavorare nel turismo può portare grandi soddisfazioni. E poi c’è il fatto che, seppur senza scuole di alta formazione, se tutti ci vogliono vuol dire che l’accoglienza sappiamo farla. Ci appartiene. Molto meno, invece, l’organizzazione.

C’è qualcosa di Sorrento che le persone ancora non conoscono?
Sorrento d’inverno. L’atmosfera che si respira qui a Natale – ma già da novembre – è ancora sconosciuta ai più, con le luci e l’autenticità della gente che tornano a splendere dopo i mesi nei quali si sente parlare quasi esclusivamente inglese, tra il borgo e il golfo.

Che rapporto ha con il mare?
Lo amo molto, specie se vissuto da una barca. Preferibilmente a vela, quando c’è il giusto tempo a disposizione. Ma sono anche uno sciatore.

Ha smesso di giocare a pallone come faceva da ragazzo con i portieri del Grand Hotel?
A esser sincero, a pallone son sempre stato una schiappa. I miei sport da agonista sono stati sempre lo sci e la vela. Gioco a tennis e mi piace stare in famiglia: sono fortunato perché i miei figli vengono ancora a fare le vacanze con me e mia moglie.

Ai suoi figli ha lasciato la stessa libertà di scelta che suo padre ha regalato a lei?
Sì. Anche se il mio primo figlio, Luca, è già in azienda: era determinatissimo, tanto che prima di lavorare nel nostro albergo ha passato cinque anni in altri hotel tra Germania e Svezia.

All’ufficio economato di qualcun altro, quindi.
Esatto. Il mio secondo figlio sta invece portando a termine un master in Hotel Management, ma già aiuta tantissimo in albergo e vuole continuare. Ma anche a lui toccherà lo stage in un altro hotel.

Come ha accolto la notizia del Cavalierato?
Con grande sorpresa ed emozione. Non ci avevo mai pensato come a qualcosa che la vita potesse riservarmi, quindi è stato ancora più bello. Sono il secondo della mia famiglia: tantissimi anni fa al fratello di mio nonno venne riconosciuta la stessa onorificenza.

I Fiorentino oggi sono un modello di “una famiglia, un hotel”. Niente collezioni, insomma.
Sì, c’è solo Sorrento. Per tutti gli altri alberghi, la generazione di mio padre ha pensato bene di vendere o cedere la gestione.

Che novità promette la stagione 2024?
Stiamo ultimando un bar champagne che apriremo sulla piazza di Sorrento, ad aprile. E poi c’è un obiettivo più a lungo termine: il nostro complesso immobiliare è storicamente composto da quattro immobili. Adesso sono tre – la Vittoria, la Favorita e la Rivale – perché nel 1980, col terremoto dell’Irpinia, Villa Caporiva fu gravemente danneggiata e poi abbattuta. Da allora si discute su come ricostruirla, tra diverse vicissitudini. Il mio auspicio è di riportarla in vita.

Carta di identità
Guido Fiorentino è dal 2010 Presidente e Amministratore Delegato del Grand Hotel Excelsior Vittoria, fondato dalla famiglia a metà dell’Ottocento. Dopo un’esperienza di manager e fondatore della Meridian Vat Italia, attiva nel settore dei servizi alle imprese, nel 1999 entra in hotel come consigliere di amministrazione con incarichi direttivi nell’area amministrativa e commerciale. Alla guida dell’azienda avvia un piano di investimenti da 11 milioni di euro che in dieci anni consente un incremento del fatturato operativo del 117%. Al consolidamento di un’offerta alberghiera di eccellenza affianca l’attenzione per la sostenibilità ambientale, testimoniata dall’adozione di elevati standard per la riduzione dei consumi energetici e delle emissioni di CO2. Dal maggio 2022 è Cavaliere del Lavoro della Repubblica italiana.

Guido Fiorentino, il Cavaliere di Sorrento - Ultima modifica: 2024-01-31T14:33:14+01:00 da Gianluca Miserendino

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome

HD – Single Template - Ultima modifica: 2021-09-24T15:19:00+02:00 da Redazione Digital Farm
css.php