Carta, contanti o bitcoin? Le criptovalute entrano nell’ospitalità

I pagamenti in moneta virtuale e i token sono frontiere con cui l’ospitalità deve fare i conti: in palio c’è un ruolo da precursore e una nicchia di mercato a dir poco ghiotta. L’esperto Francesco Brasca racconta come vincere la sfida
I pagamenti in moneta virtuale e i token sono frontiere con cui l’ospitalità deve fare i conti: in palio c’è un ruolo da precursore e una nicchia di mercato a dir poco ghiotta. L’esperto Francesco Brasca racconta come vincere la sfida

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Le criptovalute entrano nell’ospitalità. Ma niente paura, nessuna Opa della finanza sui brand alberghieri. Bensì l’approdo di queste monete virtuali, sempre più forti sui mercati globali (per complessivi 1,54 trilioni di dollari) nell’economia reale. Il passaggio dal ruolo di “oro digitale” e riserva di valore a vera e propria valuta è già in atto, dal momento che nel mondo non mancano i Paesi dove già oggi con questi strumenti si può pagare un’automobile, una pizza, un orologio o un taglio di capelli alla moda. E quindi anche gli hotel devono adeguarsi, anticipando i tempi. In sostanza, non passerà molto prima che al desk di ogni albergo sarà normale una frase del tipo “paga con carta, contanti o Bitcoin?”. Ci scommette Francesco Brasca, founder & ceo di Block Hospitality Management, società di consulenza in ambito acquisti e innovazione per le realtà dell’Horeca che – forte dei suoi 15 anni di carriera alberghiera – propone oggi ai suoi ex-colleghi soluzioni per integrare i pagamenti in criptovalute nelle strutture italiane.

Il conto in cripto: un’opzione in più, a rischio zero

Francesco Brasca, ceo di Block Hospitality Management

“Il nostro obiettivo – spiega il founder – è quello di diffondere nell’ambito alberghiero le potenzialità delle criptovalute, senza esporsi in alcun modo alla loro volatilità, che è ciò che spaventa e che ne ha bloccato a lungo la mass adoption”. Per questo motivo, la società di Brasca ha ideato un entry level di semplice implementazione pensato per “offrire agli ospiti degli hotel grandi e piccoli l’opzione di pagare in criptovaluta, ma con riconversione istantanea in euro. In sostanza il turista americano paga il conto in Bitcoin, in Ethereum o in qualsivoglia coin diversa dalle valute tradizionali. E l’hotel, proprio come succede con Satispay, attraverso un QR Code incassa la cifra in euro prevista dalle sue tariffe. Si tratta di un servizio in più, che non implica in alcun modo il fatto che l’hotel entri nel mondo delle criptovalute”. Il costo delle transazioni, spiega Brasca, “è irrisorio, inferiore a quello di Visa e Mastercard, così come la commissione, più bassa di quella di un pos fisico. È un primo step che suggeriamo per iniziare ad applicare concretamente questo portato della blockchain e che è utile come test, con una capillare raccolta di informazioni: quanti clienti richiedono questa forma pagamento, di quali nazionalità sono, quanto spendono”.

Il token entra in hotel

Il secondo step proposto da Block Hospitality Management trova invece la sua parola chiave nella tokenizzazione. “È un passaggio – rimarca Brasca – che non necessariamente deve seguire il primo e che ha sicuramente più potenziale: si tratta di sviluppare un programma di fidelizzazione basato sulla blockchain. L’hotel crea un suo token virtuale, una moneta della struttura – come abbiamo già fatto in alcune location – e con essa stimola la prenotazione diretta, unica via per l’ospite per accedere al token. Su cento euro prenotati, il 20-30% del valore va riversato al cliente in questa moneta virtuale, che il cliente può accumulare anche partecipando a dei brevi survey, interagendo con il sito o con i social dell’hotel… E poi può spenderla in servizi dell’hotel: ristorante, spa, un giro in barca, altri servizi”. Una sorta di salvadanaio digitale, quindi, che “porta all’eliminazione dell’intermediazione delle Ota, garantendo più margini, una profilazione minuziosa degli ospiti – oggi troppo spesso in mano a terze parti – e la possibilità di innestare strategie di marketing e di upsell ben calibrate. Non per caso, due player molto importanti nel mercato italiano – non posso ancora fare nomi – sono oggi fortemente interessati a integrare questi strumenti. E in futuro – ma questo è un ulteriore step – ci sarà la tokenizzazione di tutti gli asset. Gli alberghi potranno, attraverso la blockchain, vendere pezzi di hotel ricevendo capitale ma mantenendo la proprietà”.

I mercati: Stati Uniti, ma non solo

Ma i vantaggi non finiscono qui: “Aprirsi alle criptovalute è aprirsi all’innovazione, con un ruolo da precursori, dal momento che in Europa l’hôtellerie non ha ancora scoperto le potenzialità di questi sistemi monetari. È un’operazione che già di per sé rappresenta una cassa di risonanza, un modo più contemporaneo di proporsi sul mercato, anche a livello di marketing. E ancor più mette in condizione di attrarre una nicchia internazionale inequivocabilmente alto spendente”. Ecco, i mercati. Quali sono quelli che più di altri potrebbero essere sensibili a una proposta alberghiera che non lasci le criptovalute fuori dalla porta? “Naturalmente quelli dove le criptovalute hanno maggiormente preso piede: Stati Uniti e poi – per passare in Europa – Regno Unito, Germania e Spagna. Poi il Sud Est asiatico, dove c’è la prima catena che ha aperto ai pagamenti in cripto, l’India, la Malesia, la Cina, il Canada, la Corea del Sud. Quanto all’Italia, il mercato è ancora molto modesto, si tratta di 1,2 miliardi di valore: poca roba, ma concentrata in una nicchia ristretta di utenti”.

Da “oro digitale” a moneta per tutti i giorni

Ad aprire alle criptovalute le porte ci ha intanto pensato la SEC americana, con una decisione che secondo Brasca è “un game changer che aprirà le porte a una reale mass adoption: è stato infatti approvato l’ETF di Bitcoin. Fino a ieri, nessun investitore istituzionale poteva investire in modo cospicuo e ufficiale sulla moneta. Oggi sì, e l’apertura delle contrattazioni ha visto numeri spaventosi (a metà febbraio eravamo a 374 mln per Black Rock, 151,9 mln per Fidelity e 40 mln per 21Shares), che l’hanno resa già la seconda commodity più importante dopo l’oro”. Ma succederà mai che pagheremo tutto in moneta virtuale? “Le banche centrali si stanno già attrezzando, e oggi ci sono nazioni come il Salvador che lo applicano come valuta legale. I segnali non mancano: Ferrari ha aperto all’accettazione delle criptovalute in America e vicinissimo a noi, a Lugano, si possono già effettuare acquisti in cripto – dal McDonald’s al caffè – e acquistare addirittura i token della città. Anche in Italia abbiamo una Bitcoin Valley, che è a Trento: si possono già fare delle transazioni, pagare il parrucchiere e la pizza con Bitcoin”.

Block Hospitality Management
È una società di consulenza internazionale nel settore dell’ospitalità, che opera in Italia e all’estero con sede a Milano. È specializzata in tre macroaree: Procurement Management (gestione budget aperture-ristrutturazioni dalla fase edilizia agli acquisti operativi – gare d’appalto – negoziazioni) Blockchain Technology (Crypto Payment, Creazione Token, NFT) e Sustainability Development (Creazione strategia, selezione fornitori, report footprint).
Il fondatore Francesco Brasca, dopo aver studiato presso il Collegio Arcivescovile Castelli, ha conseguito un Master in Supply Chain Management al Politecnico di Milano. Successivamente ha frequentato corsi all’Università del Michigan, all’Institut de Négociation et Recherche Appliquée, all’Università di Cambridge e al Blockchain Council di Los Angeles. Collabora come Senior Advisor Procurement e Blockchain per alcune società negli Stati Uniti e ha lavorato con alcune delle più grandi catene alberghiere del mondo, tra le quali Bulgari, Armani, Melia, Gruppo Una e Accor.

Carta, contanti o bitcoin? Le criptovalute entrano nell’ospitalità - Ultima modifica: 2024-03-28T11:44:23+01:00 da Gianluca Miserendino

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