Eremito: un monastero laico per viaggiatori intraprendenti

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Eremito è una struttura costruita su essenzialità e rigore formale (e mentale), attento a sottrarre più che a riempire. Lo scopo? Offrire la chiave in grado di aprire quella porta capace di condurre l’ospite in uno spazio temporale lontano da tutto, da tutti e soprattutto dal conosciuto.

Lasciata l’autostrada all’altezza di Fano, a Parrano (in provincia di Terni) ci arrivi dopo otto chilometri di strada sterrata tutta a buche; gli ultimi tre te li risparmiano perché ti vengono a prendere con una jeep. Quest’ultimo pezzo di tragitto attraversa boschi e radure: complice forse la loro natura selvatica hai l’impressione che ci siano sempre state. Come l’Eremito, del resto, che si intravede dall’ultima curva della collina ed è bellissimo, di una bellezza fuori dal tempo.

Austero, come i casali di una volta costruiti pietra su pietra, piccolo, solido e immerso nel verde. Deve averlo visto così la prima volta che l’ha scoperto anche Marcello Murzilli che, dopo il successo imprenditoriale col marchio El Charro, vera e propria icona della moda anni Ottanta, andò in Messico per aprire un resort di lusso immerso nella giungla sulla costa del Pacifico. Il posto, con il suo tocco (o dovremmo dire col suo acume visionario?) divenne famosissimo; così tanto da richiamare capi di stato e star di Hollywood. Gli inglesi lo elessero ‘One of the top five EcoResort in the World’.

La forza del passaparola
Nel 2007 Murzilli vende l’Hotelito Desconocido e torna in Italia con l’idea di portare quel concetto di fuga nella natura nel Paese dove di digital detox non si era ancora sentito parlare. Punta gli occhi su questo monastero del 1300 immerso in una riserva naturale di 3.000 ettari e lo ristruttura con i criteri dell’architettura sostenibile e 100% eco-friendly. Mutua il concetto della struttura in Messico e ne fa un eremo contemporaneo, con il plus di una spiritualità che là era assente e che invece l’Umbria custodisce da secoli. Per quasi due anni non ci va nessuno, poi la svolta. I primi che osano “affrontare” l’austerità delle camere che ricalcano le celle monastiche (di 9 metri quadrati e ognuna con il nome di un eremita e la sua storia dipinta sulla testata del letto), spargono la voce. Da lì in poi, superato l’impasse dell’inconsueto, le prenotazioni cominciano ad arrivare. Una dopo l’altra, inarrestabili. Come quando si decide di andare in analisi e metà del percorso è già stato fatto, così chi sceglie di soggiornare qui ha già fatto il primo passo per vivere una vacanza in cui mettere al primo posto l’ascolto di sé.

Gesti quotidiani
Sono soprattutto i viaggiatori solitari i clienti di Eremito: qui trovano una casa e soprattutto altre persone con le stesse idee e la medesima mentalità con cui intendersi anche senza parlare. E non solo metaforicamente: i pranzi si consumano su lunghi tavoli nel refettorio a lume di candela e in silenzio, come impone la regola benedettina. I piatti sono semplici ed esclusivamente vegetariani e vegani, gli ingredienti provengono direttamente dall’orto biologico: solo frutta e verdure fresche e di stagione. Anche il pane e la pasta sono fatti a mano, così come i dolci e le marmellate.

Ognuno reagisce a questa esperienza diversamente: ci sono quelli che riescono faticosamente a mantenere il silenzio perché si sentono quasi imbarazzati, altri (ed è la maggior parte) si calano nel rituale comprendendone il valore esperienziale. Che poi silenzio vero non è: a fare da sottofondo ci sono i cori gregoriani e il tramestio tipico della cucina indaffarata a servire e preparare i piatti, il crepitio del fuoco nel camino acceso… Tutti mangiano le stesse cose con gli stessi tempi e la comunicazione è fatta di pochi cenni. È un’esperienza che aiuta a sottrarre attenzione al contorno per restituirla al gusto, godendo del pasto senza distrazioni e soprattutto senza dover riempire un vuoto. Il resto del tempo, tra un pasto e l’altro, lo si trascorre leggendo, esplorando i campi circostanti o la vicina Orvieto, usufruendo dell’hammam e della piscina cromoterapica, conversando con gli altri ospiti.

Il lusso del conoscersi
Le aree in comune – una cappella, diverse aree meditative, una sala per lo yoga e un pergolato – servono (e agevolano) la socializzazione. Del resto fare la reciproca conoscenza qui diventa un fatto quasi naturale, se non obbligato: non ci sono altre distrazioni perché gli apparecchi tecnologici sono banditi e il cellulare dopo l’ultima curva non prende. Uno scrigno di spiritualità (e bellezza) per il quale la definizione di “albergo” non è solo riduttiva, ma inesatta, inappropriata. Il lusso, che pure esiste, è coniugato in una forma diversa rispetto a quella consueta a cui siamo abituati: Marcello dice che “oggi il vero lusso è l’essenziale”.

Tutto (e solo) il necessario
Così l’arredamento, ridotto al minimo, rispetta lo stile degli antichi e sobri monasteri: i lavandini sono di pietra con la rubinetteria in rame, la tappezzeria è di tessuti grezzi, le coperte e le lenzuola con le iniziali ricamate a mano sono di canapa antica. I mobili di legno e le decorazioni di pietra fanno da sfondo in ogni ambiente. “Quello che offro sono andato a scovarlo nel passato, quando a illuminare le notti c’erano solo la luna e la fioca luce delle candele. Il vero lusso per me, oggi come allora, è proprio quello di riscoprire e riassaporare l’amore per quel che è solo necessario”. Sono soprattutto i turisti stranieri i più entusiasti per questa filosofia: il “monastero laico” consente loro di vivere a pieno ogni spazio (anche quello interiore) insieme agli altri ospiti. Ospiti che non rimangono, come solitamente accade, sconosciuti; dopo poco sai già come si chiamano, condividi i pasti allo stesso tavolo e le conversazioni perdono da subito quel distacco fatto di cortesia formale per assumere una dimensione più autentica e partecipata. Quando la vacanza detox finisce tornare a casa è come rientrare in un altro mondo. Il nostro.

 

Eremito: un monastero laico per viaggiatori intraprendenti - Ultima modifica: 2023-05-09T08:12:32+02:00 da Silvia Bigliardi

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