Cercando l’arcobaleno. Consigli per un’ospitalità Lgbtq+ friendly

Un target di viaggiatori che spende molto, si fidelizza e ama la qualità. E che vale 2,7 miliardi all’anno. È quello dei turisti Lgbtq+: un segmento che fa gola a molti, ma che in pochi sanno accogliere come si deve. Alessio Virgili racconta come si diventa hotel (davvero) inclusivi
Un target di viaggiatori che spende molto, si fidelizza e ama la qualità. E che vale 2,7 miliardi all’anno. È quello dei turisti Lgbtq+: un segmento che fa gola a molti, ma che in pochi sanno accogliere come si deve. Alessio Virgili racconta come si diventa hotel (davvero) inclusivi

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Un target sempre più importante – per non dire decisivo – per le sorti delle destinazioni e degli operatori del travel. E che, non per caso, è oggetto di corteggiamento assiduo da parte di enti del turismo, tour operator, compagnie aeree e di crociera e brand alberghieri di tutto il mondo. È il segmento del turismo Lgbtq+, tra i protagonisti indiscussi del cambiamento sociale, civile ed economico di questo primo scorcio di Ventunesimo secolo e alfiere di una “rivoluzione” arcobaleno che porta con sé, per giunta, anche la proverbiale pentola d’oro. Perché i turisti Lgbt valgono cifre da primato. Alcuni numeri di Eurisko per Sonders&Beach raccontano bene le dimensioni del fenomeno: il segmento vale ogni anno 500 miliardi di dollari nel mondo, 64 miliardi in Europa e 2,7 in Italia. In più, quello arcobaleno è un turista che viaggia di più, più a lungo, con più alte capacità di spesa e un occhio più attento alla qualità: un target, insomma, che gli albergatori non possono farsi sfuggire. Lo sa bene Alessio Virgili, ceo di Sonders&Beach Group e presidente di Aitgl, ente italiano del turismo Lgbtq+ che ha al suo interno privati e realtà istituzionali.

Alessio Virgili, ceo di Sonders&Beach Group e presidente di Aitgl

Virgili, qual è oggi il profilo del turista arcobaleno?
È innanzitutto un viaggiatore con ottime possibilità economiche, con un reddito superiore del 38% rispetto alla media: è un elemento importante, perché determina il budget di spesa per la singola vacanza. In più, quello Lgbtq+ è un target che parte spesso – tra le 4 e le 5 vacanze all’anno – e per periodi lunghi, intorno alla decina di giorni. Inoltre, ama i weekend e fa molti viaggi d’affari, perché ricopre spesso posizioni lavorative apicali, dal quadro al manager, al direttore di azienda, all’imprenditore. Inizialmente il target era definito dal cosiddetto fattore “Dink”, che sta per “Double Income No Kids”, cioè quelle coppie con doppio reddito e nessun costo legato al mantenimento di una famiglia con bambini, perché era una cosa preclusa al mondo gay. Con le recenti conquiste sui diritti civili, oggi abbiamo invece anche un target con famiglie e bambini. L’altro aspetto importante è che è un cliente con un alto tasso di fidelizzazione, che apprezza il brand che si dichiara apertamente Lgbtq+ friendly, che riconosce il coraggio e lo premia.

Quali catene alberghiere si spendono di più sul tema dell’inclusione?
Marriott, Accor e Hyatt sono tra i brand più riconosciuti per le politiche adottate in termini di diversity management, con politiche di gestione della diversità e di tutela dei dipendenti. Sono compagnie molto attive anche sul lato marketing, che sanno rivolgersi al consumatore con campagne dedicate. La loro comunicazione è sempre inclusiva e tende a raffigurare non solo la coppia etero, ma anche quella Lgbtq+, e hanno sezioni dedicate all’interno del loro portale, magari con un messaggio di benvenuto da parte del ceo, tariffe e pacchetti dedicati per il Pride, il Festival del cinema Lgbt o altri eventi legati alla comunità. In Italia siamo un po’ indietro, ma come associazione stiamo iniziando a lavorare con catene come Starhotels e il Gruppo Una, che hanno approcciato questo tipo di mercato.

Si parla sempre di “minoranza”, riferendosi al mondo Lgbtq+: ma si tratta pur sempre del 10-12% della popolazione europea.
Secondo noi i numeri reali sono anche molto più alti. Oggi, soprattutto con le nuove generazioni, c’è un sentimento di apertura, di inclusione, e si parla addirittura di fluidità. È un po’ come la sostenibilità ambientale: l’inclusività è un argomento a cui i ragazzi sono molto attenti, anche in veste di alleati della comunità.

Oggi esiste un protocollo internazionale per certificare l’accoglienza Lgbtq+, il QueerVadis Certified. Cosa richiede agli hotel?
Il protocollo insiste molto sul tema della formazione, su tre diversi aspetti. In primis sulla filosofia del diversity management: lavorando a stretto contatto con chi si occupa di selezione e gestione del personale, aiutiamo a introdurre politiche di gestione della diversità, fin dal momento della selezione di un candidato, con annunci di lavoro che richiedano l’invio di candidature anonime, senza indicazione del sesso, e si concentrino sulla competenza del candidato più che sul suo genere di appartenenza. Questo tutela anche le figure transgender, target che ha bisogno di un’attenzione in più rispetto al resto delle comunità. Un altro aspetto formativo è invece sul welfare, ovvero l’estensione di alcuni diritti che oggi sono riservati solo alle coppie sposate, ad esempio sui permessi parentali per le coppie Lgbtq+ che magari hanno dei figli, che a livello legislativo non sono oggi tutelate e riconosciute. Poi passiamo ad una formazione molto più operativa, anche sul lato marketing e su come rivolgersi al viaggiatore Lgbtq+ che si presenta alla reception.

Quali sono le regole di base?
In primo luogo, vanno evitati i classici casi del “mi scuso se vi ho riservato una matrimoniale, adesso la faccio cambiare subito con due singole”, perché magari di fronte si hanno due uomini o due donne e si dà per scontato che non possano formare una coppia. Attraverso testimonianze dirette di esponenti della comunità, cerchiamo di far conoscere agli albergatori le esigenze, gli stili di vita e i comportamenti di viaggio del target. Poi andiamo a studiare con gli albergatori le possibili azioni di marketing: come comunicare, come raggiungere il target, con quali canali e quale tipo di campagne. L’obiettivo è quello di comunicare senza discriminare nessuno, includendo tutti ed evitando di essere troppo sbilanciati.

QueerVadis, il protocollo che certifica gli hotel
QueerVadis Certified è il primo protocollo di respiro mondiale volto alla promozione dell’accoglienza turistica della comunità arcobaleno per la qualifica di aziende e destinazioni turistiche Lgbtq+ Welcoming. Il viaggiatore internazionale trova in questa iniziativa una garanzia certa di un’accoglienza adeguata nelle destinazioni e negli hotel certificati con il label Queer Vadis. L’obiettivo è quello di fornire linee guida per ospitare al meglio il viaggiatore Lgbtq+: dall’introduzione in azienda di politiche di Diversity & Inclusion Management, fino all’adozione di una comunicazione sempre più inclusiva ed alla strutturazione di un offerta dedicata al segmento specifico. Le aziende turistiche e le località alle quali viene riconosciuto il marchio si distinguono quindi per aver adottato azioni riconosciute come inclusive della comunità Lgbtq+ a livello globale. Ad oggi hanno già aderito realtà come Gruppo UNA, Leonardo Hotels, Enit, Best Western, Comune di Milano e Comune di Crema.

Oltre a questa triplice formazione, cosa è necessario integrare in struttura?
Bisogna costruire un prodotto. Il viaggiatore che arriva in albergo può per esempio voler chiedere al concierge se in zona ci sono locali, eventi o ristoranti dedicati alla comunità, o tour organizzati per scoprire le radici culturali del mondo Lgbtq+. In termini di servizi, ad esempio, per la giornata di San Valentino bisogna evitare l’errore di fare promozioni rivolte solo alle coppie eterosessuali, e ideare invece pacchetti per determinati eventi, per i quali è necessario che le strutture entrino in contatto con il mondo Lgbtq+ locale, sulla scorta di quello che fanno le grandi catene internazionali.

Un approccio che tiene conto di molti aspetti…
Assolutamente, e la formazione è estesa a tutto il personale. È un lavoro complesso, perché bisogna capire se la governance ha effettivamente la volontà di attuare un cambiamento, che deve essere anche interno: se non si è inclusivi verso il proprio personale, è difficile esserlo in modo coerente con i clienti.

In questo senso un albergatore si può rivolgere alla vostra associazione per chiedere consulenza?
Sì, l’associazione vuole sensibilizzare e dare supporto alle strutture ricettive, ma anche agli operatori. Il protocollo è stato sviluppato come azienda, in collaborazione con l’associazione: accompagniamo gli operatori nel percorso di arrivo agli audit, che vengono fatti da una parte terza, che è l’ente certificatore Rina.

In Italia quante sono le strutture compiutamente amiche della comunità?
Un numero certo non c’è, ma notiamo una maggior volontà di intercettare questo tipo di mercato. Il protocollo è stato pensato proprio per ribadire che non basta un’etichetta o una bandiera arcobaleno sui social per essere inclusivi. Per questo insistiamo tanto sulla formazione. Possiamo dire che, per un Paese come l’Italia, le strutture ricettive compiutamente Lgbtq+ friendly sono ancora largamente insufficienti. Siamo all’inizio di un percorso e c’è un po’ di lavoro da fare, ma sono positivo perché so di tante strutture che si stanno dando da fare e che hanno capito che è importante prepararsi, e solo poi rivolgersi a questo mercato.

L’indice Spartacus mette ogni anno in fila i Paesi per capacità di accogliere il turismo Lgbtq+. E continua a premiare Paesi come il Canada, Malta, il Portogallo. Noi siamo mestamente intorno al 50° posto…
Su queste classifiche incide moltissimo la politica. Il Canada, ad esempio, è saldamente al primo posto per il suo livello di eccellenza sui diritti civili, che includono matrimoni e adozioni. La graduatoria non rispecchia però i volumi turistici effettivi. Per quanto riguarda il nostro mercato, le destinazioni a medio raggio che più attirano sono Spagna, Germania, Grecia, Israele, e sul long haul Stati Uniti e Thailandia. Il Canada è ai primi posti, ma non è il primo. Noi purtroppo siamo tra gli ultimi perché non abbiamo nemmeno la legge contro l’omofobia, e questo ci penalizza tanto. E poi manca un’offerta turistica ben strutturata, come ha invece la Spagna, che ci investe da tanti anni.

E qual è la loro formula vincente?
Hanno scelto di puntare su un turismo più ludico, con eventi nelle varie città, spiagge, locali. Quello che fanno per altri target, lo fanno anche per il target Lgbtq+. L’Italia ha commesso il grande errore di voler imitare la Spagna, puntando sui grandi eventi, cosa che a noi non riesce neanche su altri target. È per questo che il mio tour operator ha scelto di puntare molto sulla cultura, perché nella nostra enorme ricchezza ci sono molti spunti che riportano alle radici della comunità gay. Ad esempio, facciamo dai tour dei Musei Vaticani in chiave Lgbt, così come quelli sulle orme di Leonardo da Vinci lanciati con il Comune di Milano in occasione dei 500 anni dalla morte del genio toscano. L’Italia avrebbe bisogno di un coordinamento a livello nazionale su questo tipo di offerta. Ad avere delle vere e proprie destinazioni o località adatte a questo mercato.

Quanto è importante la politica nazionale dei vari Paesi, per risultare attrattivi per il target?
Conta moltissimo, innanzi tutto riguardo ciò che i governi fanno in termini di diritti civili, perché la comunità Lgbtq+ è molto attenta a scegliere destinazioni dove c’è sicurezza, attenzione e tutela della comunità. È per questo che, indipendentemente da come la si pensi, quella del Ddl Zan è stata una opportunità persa: perché sarebbe stata anche un volano di promozione turistica molto importante. Il cambio continuo dei governi, la mancanza di certezze, non rendono la vita facile a chi – come noi – cerca di fare questo tipo di turismo. Per fare solo un esempio, c’è una destinazione come Torre del Lago, che per anni è stata la meta di punta del turismo Lgbtq+ in Italia, celebre in tutto il mondo. Ebbene, è bastata una giunta locale non favorevole a questo tipo di mercato e oggi, nel giro di dieci anni scarsi, non è più nelle mappe del turismo Lgbtq+. Speriamo ci torni presto.

26-28 ottobre, Milano capitale del turismo Lgbtq+
Milano capitale del mondo arcobaleno. La città lombarda si è preparata infatti ad ospitare dal 26 al 29 ottobre “IGLTA Milano 2022”, la Convention Mondiale dell’associazione internazionale IGLTA e che ha segnato il ritorno in Europa, per la seconda volta in 38 anni, del più importante evento mondiale sul turismo Lgbtq+. “Essere riusciti a portare l’evento in Italia – osserva Virgili – è stato già di per sé un grande successo: battere città come Sydney e Tel Aviv è stato un exploit non da poco. Abbiamo portato oltre 700 operatori internazionali specializzati in questo mercato a Milano, a conoscere il territorio e le aziende, che potranno vendere il prodotto Italia. Ed è stato soprattutto un punto di partenza per rilanciare l’immagine inclusiva del nostro Paese, che purtroppo negli anni è stata molte volte messa in ombra. Siamo al primo posto come Paese più desiderato dal target Lgbtq+, e solo al quinto posto come scelta, perché la percezione è quella di una destinazione non così open mind. E questo deve cambiare”.

Cercando l’arcobaleno. Consigli per un’ospitalità Lgbtq+ friendly - Ultima modifica: 2022-12-29T11:00:00+01:00 da Gianluca Miserendino

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