L’Italia fuori dalle rotte del Mice: 14° posto nel mondo. Da Firenze la ricetta dei player per tornare al top

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L’Italia del Mice? È da serie B. A rovesciare le convinzioni sul grado di attrattività del paese in questo segmento è una ricerca di Eureka Mice International: nel ranking dei congressi internazionali 2022 la nostra penisola non figurerebbe infatti al quinto posto, come sostiene Enit, bensì al 14°. Un risultato tutt’altro che entusiasmante, se consideriamo che l’Europa detiene oltre il 50 per cento del mercato mondiale del settore e che in Europa l’Italia è surclassata da Belgio, Francia, Spagna, Germania, UK, Austria, Finlandia ed Olanda (fonte: International meetings statistics report di UIA – Union of International Associations di Bruxelles).

Giancarlo Leporatti, ceo di Eureka Mice International

“Enit – spiega Giancarlo Leporatti, ceo e founder di Eureka Mice – prende in considerazione un dato fuorviante: l’indagine che ICCA (International Congress and Convention Association) svolge annualmente in prevalenza tra i propri associati. Si tratta di rilevamenti che si riferiscono a contesti limitati, non statisticamente rappresentativi, che non possono essere indicativi del fenomeno congressuale nella sua globalità”.

L’occasione per analizzare lo scenario del Mice è stata la nona edizione di Association Days, andata in scena il 17 e 18 febbraio scorsi al Grand Hotel Baglioni di Firenze. Un appuntamento unico per il mercato associativo-congressuale, che mette in diretto contatto promotori e organizzatori di eventi con destinazioni, location e service specializzati.

Un segmento strategico che richiede progettazione

Come conferma l’analisi di Eureka Mice, l’Italia ha un grosso potenziale inespresso nel settore dell’organizzazione dei grandi eventi e il segmento può essere davvero strategico per favorire lo sviluppo economico e destagionalizzare il turismo nelle nostre destinazioni. La meeting industry in Italia genera un indotto di circa 65 miliardi di euro (fonte: Federcongressi) con un impatto diretto sul Pil di 36,2 miliardi di euro/anno e impiega 569mila addetti. La spesa media di un congressista è doppia rispetto a quella di un turista tradizionale (ICCA).

Per essere sviluppato, però, il congressuale necessita di un’adeguata progettazione che coinvolga con le istituzioni tutti gli attori della filiera. “Oggi in particolare il segmento è in grado di offrire importanti opportunità che, attivando le giuste leve, possono dare riscontri già nel breve-medio termine – sottolinea Giancarlo Leporatti -. Purtroppo le politiche adottate nell’ultimo decennio per sviluppare questo mercato si sono dimostrate inefficaci e pertanto prima di avviare nuovi processi è opportuno  effettuare una radicale revisione non solo dei sistemi di approccio e promozione adottati finora ma  degli stessi organi di governance”.

Flessibilità e personalizzazione

Un altro aspetto su cui vale la pena di riflettere, anche per evitare di adagiarsi sugli allori, è che in questo momento si è riversato sul mercato europeo il maggior numero di eventi mai verificatosi dal 1950: alle tradizionali programmazioni si sono aggiunti infatti i tanti eventi rinviati nel corso dell’emergenza covid. “Si tratta – spiega Leporatti – di un effetto Tsunami destinato però a esaurirsi nel breve-medio periodo a cui seguirà un ridimensionamento strutturale delle attività congressuali con valori inferiori del 10 -15% rispetto al 2019 dovuto agli eventi che gli enti promotori hanno permanentemente trasferito in virtuale”. 

“L’industria turistica – conclude Leporatti – come l’abbiamo conosciuta fino al 2019, con le sue nicchie, le programmazioni, gli standard, le logiche d’impresa sta progressivamente disgregandosi sotto la spinta delle nuove esigenze della committenza che oggi richiede soluzioni e servizi sempre più flessibili e personalizzati”.

L’Italia fuori dalle rotte del Mice: 14° posto nel mondo. Da Firenze la ricetta dei player per tornare al top - Ultima modifica: 2023-02-20T12:12:46+01:00 da Maria Grazia Ventura

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