Candidarsi. Come. Quando. Perché

Si prospettano, nel 2022, i cinquanta anni dalla convenzione sulla tutela del patrimonio mondiale (beni culturali e naturali) posto sotto la tutela dell’UNESCO (Parigi, 16 novembre 1972) ratificata, a oggi, da 193 stati membri (www.unesco.org). Perché candidarsi e come fare
Claudio Ricci
Si prospettano, nel 2022, i cinquanta anni dalla convenzione sulla tutela del patrimonio mondiale (beni culturali e naturali) posto sotto la tutela dell’UNESCO (Parigi, 16 novembre 1972) ratificata, a oggi, da 193 stati membri (www.unesco.org). Perché candidarsi e come fare

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Claudio Ricci

Di Claudio Ricci, presidente onorario Associazione beni italiani patrimonio mondiale

Sono 1121 i Siti UNESCO al mondo (al primo posto l’Italia e la Cina con 55, segue la Spagna con 48 Siti) ma molte sono le candidature ufficiali nella Lista dei Tentativi: 1720 in totale di cui ben 41 in Italia che, per l’attuale “moratoria”, potrà proporre al massimo due Siti all’anno da riconoscere (1 per i beni culturali e 1 per i beni naturali).
Appare evidente la complessità di candidarsi a Sito UNESCO ma, di converso, le procedure da seguire (ben oltre il risultato conclusivo) determinato una maggiore consapevolezza sull’identità e i valori del luogo, potenzialità di sviluppo e strategie (nel medio-lungo termine).
Bisogna decidere di candidarsi non pensando “solo” alla promozione che ne deriverà (si valuta un incremento del turismo, soprattutto culturale, nei Siti UNESCO, del +20% nei 5-10 anni successivi al riconoscimento) o alle maggiori potenzialità attrattive di risorse “private” e pubbliche (possibili anche attraverso la Legge 77/2006).
Il motivo principale, per candidarsi, dev’essere la chiara volontà di riconoscere, consapevolmente, un “valore eccezionale”, del luogo, su cui declinare la propria eredità e le priorità di tutela e sviluppo. È un chiaro cammino socio culturale prima che tecnico amministrativo.
Si comincia con l’attivazione di un “comitato di pilotaggio”, istituito con il consenso deliberativo di tutti gli Enti istituzionali che, dopo il riconoscimento, saranno i “responsabili” del piano di gestione. Sono due gli strumenti tecnici da elaborare: il documento di candidatura e il piano di gestione (che include le azioni di tutela e valorizzazione, le risorse economiche necessarie e gli indicatori dei risultati attesi).
Il piano di gestione (attuato dal comitato di pilotaggio) assume una importanza “fondante” per l’attrazione di risorse finanziare, anche dalla Legge 77/2006, e soprattutto perché è assimilabile, in alcune sue parti, ad un piano di tutela-sviluppo del territorio su un profilo culturale, ambientale e rilancio economico turistico (nella sostanza amministrativa “incide”, anche, nelle scelte urbanistiche del Sito).
Nel documento di candidatura l’indicazione dei “criteri” (parametri di eccezionalità), per i quali si chiede il riconoscimento, è essenziale. Sono 6 i “criteri” per i candidati nei beni culturali e 4 per i Siti naturali. Solo dimostrando di “possedere” almeno uno dei “criteri” (fra i 6 per i beni culturali o i 4 dei Siti naturali) si attiva la possibilità di candidarsi a Sito patrimonio mondiale UNESCO.
Un’altro aspetto fondamentale è la definizione del “perimetro di riconoscimento”: può essere puntuale (un ambito circoscritto), più esteso (come un centro storico) o includere un’area vasta (come un luogo ampio con valenza anche ambientale). Vicino al “perimetro di riconoscimento” si individua un’area cuscinetto (buffer zone) per la protezione urbanistico-ambientale e la salvaguardia dei “coni visivi”.
Si possono candidare anche Siti “seriali” che includono più luoghi, di Regioni o Stati differenti (transnazionali), con analoghi requisiti di eccezionalità (uniti da una struttura amministrativa per garantire la corretta attuazione del piano di gestione). Nell’ultimo periodo il centro del patrimonio mondiale UNESCO (Parigi) sta valutando, con maggiore attenzione, le candidature “seriali” e dei beni naturali.
Il riferimento italiano, e al fine di conoscere modalità e tempi della candidatura (in questa sede citati solo in modo preliminare), è la CNIU Commissione Nazionale Italiana UNESCO (www.unesco.it). Tale organismo rappresenta l’UNESCO in Italia e funge da raccordo con i Ministeri coinvolti nelle candidature anche ai fini documentali.
I tempi “reali” per il riconoscimento sono fra 5-10 anni (con pareri di ICOMOS, ICCROM per i Siti culturali e IUCN per i Siti naturali). Non bisogna declinare la candidatura di fronte alle tante complessità ricordandosi che il percorso strategico vale più del riconoscimento.
Un aspetto, spesso trascurato dai candidati, è quello della corretta “analisi comparativa” del Sito rispetto ai luoghi già iscritti nella Lista. Con questo studio occorre dimostrare che il “valore candidato” non è ancora rappresentato fra i Siti patrimonio mondiale UNESCO o amplifica, con la sua eccezionalità, i luoghi “simili” già iscritti.
Analizzando la Lista dei Tentativi italiana (che include 41 candidati) si nota come, spesso, dopo l’ingresso in questa Lista propositiva (con l’elaborazione di un semplice pre-dossier) non si procede alla più complessa compilazione del documento di candidatura e del piano di gestione. In generale l’ingresso nella Lista dei Tentativi è un risultato già buono in quanto “certifica” una prima valutazione positiva.
Nel 2003 venne attivata dall’UNESCO la convezione sul patrimonio immateriale, intangibile ed orale che “completa” la tutela fisica della convenzione, “nata” nel 1972, sul patrimonio culturale e naturale. Gli Elementi (valori) che si candidano, nella Lista immateriale, devono dimostrare una “cultura vivente” locale con la rispondenza a tutti e 5 i “criteri” richiesti dal documento di candidatura (e per la gestione).
Un bene (Elemento) immateriale candidato dovrà assicurare sia una tutela “diretta” (reperti documentali) che “indiretta” tesa a “ricreare” il valore tradizionale e/o orale con l’attivazione di centri e iniziative per la sensibilizzazione culturale, la formazione e laboratori creativi.
Sono 508 gli Elementi già iscritti (a dicembre 2019 avremo i nuovi inserimenti), nella Lista UNESCO del patrimonio immateriale, di cui “solo” 9 italiani mentre la Cina ne annovera già 40. È vero che la Lista del 1972 è quella principale (per storia e notorietà) ma l’Italia deve dare, in futuro, maggiore propulsione ai “Siti” immateriali.
Concludendo cito, dal 1997, l’associazione beni italiani patrimonio mondiale (www.patrimoniomondiale.it) che aggregando, a “rete nazionale”, gli Enti “responsabili” dei Siti UNESCO ha attuato molte “esperienze modello” utili alla tutela e valorizzazione di tutti i luoghi italiani (anche non UNESCO) culturali, ambientali e immateriali.

Candidarsi. Come. Quando. Perché
- Ultima modifica: 2019-11-11T11:38:39+01:00
da Renato Andreoletti

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