E’ il cuore, Bellezza. Il cuore…

Il mondo cambia ed evolve, tecniche e tecnologie cambiano ed evolvono, quel che non muta mai è la passione, la motivazione, il senso di responsabilità che muove l’essere umano nelle sue attività, qualunque esse siano. Nel settore alberghiero in particolare il cuore, vale a dire la capacità di ascoltare, capire, motivare se stessi e i propri collaboratori fa la differenza, ieri come oggi come nel futuro, tra chi vince e chi resta indietro
La famiglia Costa
Il mondo cambia ed evolve, tecniche e tecnologie cambiano ed evolvono, quel che non muta mai è la passione, la motivazione, il senso di responsabilità che muove l’essere umano nelle sue attività, qualunque esse siano. Nel settore alberghiero in particolare il cuore, vale a dire la capacità di ascoltare, capire, motivare se stessi e i propri collaboratori fa la differenza, ieri come oggi come nel futuro, tra chi vince e chi resta indietro

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Piero Roullet

Di alberghi, in Italia e all’estero, dal 1982, da quando sono diventato un divulgatore (sottospecie della più nobile arte del giornalismo di cronaca e politica, quello paludato e televisivo tanto per intenderci) ne ho visitati diverse migliaia. Per scelta culturale, in un Paese che ama sparlare di se stesso fino all’eccesso, e soprattutto dei propri vicini, ho scelto, con rare eccezioni, di scrivere solo degli esempi virtuosi lasciando al mercato, che è più galantuomo del tempo, di fare strame di coloro che non sanno accogliere e ospitare. In inglese esiste un termine che sintetizza assai bene la mia scelta: il Benchmarking. Secondo wikipedia, “con benchmark o, più spesso e coerentemente con la voce inglese benchmarking, in economia si intende una metodologia basata sul confronto sistematico che permette alle aziende che lo applicano di compararsi con le migliori e soprattutto di apprendere da queste per migliorare”.
Ci sono alberghi bellissimi per la posizione, magari a picco sul mare, o con la battigia a pochi metri, o nascosti in una rigogliosa foresta, nel cuore di un borgo storico o isolati sulla cima di un cucuzzolo di montagna, posti a pochi metri dall’arrivo di impianti di sci che consentono agli ospiti di uscire dall’albergo letteralmente con gli sci ai piedi, ci sono alberghi che vantano secoli di storia o che rappresentano la storia dell’architettura, soprattutto del periodo della Bella Époque, o del design più contemporaneo. In Italia la location è di certo uno dei vantaggi intrinseci per migliaia di alberghi sparsi sul territorio da Nord a Sud e da Est a Ovest. Mai, però, in nessun caso, ho visto un albergo di successo che fosse gestito maltrattando il personale, sfruttandolo economicamente, considerandolo solo un costo e non una risorsa vitale, per la qualità dell’accoglienza come per i risultati economici dell’azienda.
Molti ci hanno provato, e ancora ci provano. Ma hanno sempre il fiato corto, i fornitori sul collo, le banche sull’uscio, i clienti insoddisfatti.
Non solo gli alberghi di grido, i Four Seasons di Milano e Firenze, il Cavalieri Waldorf Astoria e l’Hotel Eden di Roma, il San Pietro di Positano, il Monastero Santa Rosa vicino ad Amalfi (alberghi che di stelle ne dovrebbero avere 6 perché 5 sono troppo poche per la loro qualità percepita e dimostrata), vantano il personale più motivato, preparato, anche ben pagato. Sono migliaia gli alberghi di categoria 5, 4, 3 stelle (quelli che frequento per lavoro) che vantano ottimi risultati perché praticano una splendida coerenza tra il progetto aziendale e la sua gestione. Come alpinista frequento i rifugi alpini da quasi cinquant’anni. Credo che siano stati la mia prima scuola di formazione alberghiera proprio per la maggiore difficoltà di gestire quei luoghi e i loro frequentatori e la selezione umana, di gestori e collaboratori, che l’asprezza della montagna impone. Ci sono rifugi che frequento ancora oggi anche per il ricordo dell’umanità che vi ho incontrato, altri che ho perfino rimosso dalla memoria per la spiacevolezza dell’ambiente che vi si respirava.

La Calabria del bergamotto
Vittorio Caminiti gestisce due alberghi di proprietà a Villa San Giovanni, a poche centinaia di metri dagli imbarchi per l’antistante Messina al di là dello Stretto. La sua famiglia è arrivata a Villa San Giovanni dalla Sicilia nel lontano 1850. Grandi ristoratori e poi anche albergatori, Vittorio opera da sempre in un territorio difficile (il Reggino) con la responsabilità del destino di centinaia di persone che lavorano oltre che negli alberghi anche nella sala ricevimenti di Borgo Santa Trada al Pilone, ai piedi del pilone dell’Enel su cui una volta transitavano i cavi dell’alta tensione che raggiungevano il suo omologo sul lato siciliano dello stretto. Vittorio Caminiti da sempre promuove anche il bergamotto (che cresce solo sulla costa reggina), che ha inserito anche in cucina, cui ha dedicato un museo a Reggio Calabria. Nello scorso mese di luglio lui e il suo staff si trovarono assediati dalle fiamme che qualcuno aveva appiccato alla macchia mediterranea che circonda il Borgo Santa Trada. Le fiamme hanno bruciato la gran parte del bosco che avvolgeva la montagna. Si salvarono a fatica. Gli stessi fuochi divamparono poi per settimane anche nell’antistante Sicilia. Né le fiamme né gli umani hanno scoraggiato Caminiti e i suoi collaboratori, che ogni volta mi stupiscono per la passione, l’entusiasmo, il senso di responsabilità che pongono nel loro lavoro, che in Calabria è sicuramente più duro e precario che nel Centro Nord del Paese. Qual è il segreto di Caminiti? La condivisione dei valori, degli impegni, di un rapporto umano di solidarietà reciproca che ritrovo nella gran parte degli alberghi di successo che ho visitato.
Giancarlo Carniani è una sorta di moto perpetuo che trova il tempo di dirigere tre alberghi a Firenze, animare BTO (la Borsa del turismo online) di cui è stato direttore artistico per 10 anni fino al 2017, volare oltreoceano ad agosto per seguire un corso di Hotel Management presso la Cornell University (i partecipanti sono arrivati da tutto il mondo, lui è l’unico a essere arrivato dall’Italia). Il suo segreto? Credere fermamente che la formazione permanente e la condivisione di valori e informazioni sia alla base di qualsiasi attività umana, nel turismo in maniera particolare. I suoi capiservizio sono dotati di tablet che gli consentono di condividere in tempo reale qualsiasi genere di informazioni relative all’attività aziendale, alla gestione e manutenzione degli alberghi, alla profilazione sempre più sofisticata degli ospiti a partire già dal momento della prenotazione per continuare sia in albergo (intercettando anche i giudizi immediati degli ospiti) che dopo la fine del soggiorno inseguendo abilmente e simpaticamente l’ospite anche a casa sua. Giancarlo non è un abitante del nostro pianeta. E’ giunto da Marte e lo si nota dalle antenne virtuali che gli spuntano sulla testa e gli consentono di captare le tendenze e le mode che mutano in continuazione. Ama il rock come se avesse ancora vent’anni (anche in questo dimostra di essere un marziano: da loro lo scorrere del tempo è diverso, più rallentato), è sempre al corrente delle tecnologie più avanzate, nello stesso tempo è fermamente convinto che l’essere umano potrà anche farsi affiancare dall’intelligenza artificiale ma sarà sempre quella umana a prevalere. Almeno così accade su Marte…
Michil Costa è un guru tibetano prestato alla montagna ladina del Sud Tirolo. Con la sua famiglia gestisce due alberghi a Corvara in Badia e uno a Bagno Vignoni in Toscana. Utopista convinto, strenuo ecologista, Michil ha introdotto in azienda il concetto del senso comune del bello (che riguarda il territorio) e dell’economia del bene comune in azienda a partire dalla condivisione dei valori e delle informazioni aziendali con i propri collaboratori. Michil è un utopista pragmatico: è stato lui a salvare la Maratona dles Dolomites riorganizzandola nel 1997 coinvolgendo migliaia di volontari, le istituzioni provinciali e comunali, perfino la RAI, che le dedica sei ore di trasmissione in diretta. Ha duplicato il successo della Maratona (oltre 30.000 domande di iscrizione da tutto il mondo, 9000 i partecipanti selezionati) con la Sellaronda (attorno al gruppo del Sella). Si tratta di chiudere le strade al traffico a motore, di rifornire i partecipanti, di salvaguardarne la sicurezza attiva e passiva. E’ un business milionario per l’intero territorio coinvolto a cavallo tra Veneto e Alta Badia. L’utopia, quando si sposa con l’umanità e il pragmatismo, è il sale del mondo. Almeno questa è la ferma convinzione di Michil Costa.
A Cogne, in Val d’Aosta, la famiglia Roullet gestisce l’Hotel Bellevue che si dirama nel borgo con alcuni ristoranti specializzati. L’albergo è il simbolo del piccolo borgo valdostano ai piedi del Gran Paradiso, nello stesso tempo è la dimostrazione di come creatività e passione possano fare miracoli ovunque: fino agli anni Ottanta era un albergo “di città” ai piedi delle montagne, come si usava in molte località di montagna arrivate al turismo solo nel 1900 (l’albergo era stato costruito nel 1925). Piero Roullet negli anni Novanta l’ha modificato profondamente trasformandolo in una sorta di inno alla tradizione valdostana sia nell’architettura dell’edificio che nell’arredo interno. Chi lo visita pensa che sia un albergo con una storia secolare invece è il risultato di un amore, questo sì secolare, per la propria storia e il proprio territorio con il coraggio di disegnare il futuro proprio nella riscoperta del Genius Loci del territorio il tutto con la collaborazione di uno staff assai articolato di collaboratori che oltre ad aver fatto conquistare le stelle all’albergo anche in cucina ne hanno prolungato la stagionalità a 10 mesi e disseminato i servizi nel paese. Piero è stato affiancato dalla figlia Laura. La quinta generazione della famiglia, i figli di Laura, è pronta ad assumersi le sue responsabilità. Nel Bellevue pulsa anche un cuore bergamasco, Roberto Novali, un bergamasco della Val Seriana (dove sono nato anch’io) trapiantato a Cogne che dei formaggi conosce la storia più segreta. E’ diventato il Maître Fromager dell’albergo. Nella grotta dove conserva i formaggi, Roberto li spazzola, li pulisce, li massaggia con l’olio d’oliva. Mai visto nulla del genere altrove.
Nel 2013 la famiglia Roullet ha ampliato la SPA dell’albergo, La Valheureusa, a 1200 metri quadrati di superficie su tre piani all’insegna di un benessere e di trattamenti sofisticati legati anch’essi al territorio e ai suoi prodotti. La gestione di una Spa di queste dimensioni, con i problemi legati al trattamento delle aree umide e di quelle secche, è stata risolta con la costruzione di una nuova centrale a vapore esterna e di una vera e propria centrale integrata per il trattamento delle acque e dell’aria collocata al piano meno tre dell’albergo. Tutta la Spa è riscaldata a pavimento.

E’ il cuore, Bellezza. Il cuore…
- Ultima modifica: 2018-01-15T10:47:02+01:00
da Renato Andreoletti

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