Dall’Abruzzo con amore… per l’enogastronomia italiana

Daniele Zunica è titolare di Zunica 1880 che è un ottimo ristorante e anche albergo nel centro di Civitella del Tronto, nel territorio teramano. Daniele Zunica è soprattutto uno dei maestri italiani di enogastronomia: i suoi giudizi sono sempre precisi e puntuali. Sì a Eataly di Oscar Farinetti, splendido biglietto da visita dell’enogastronomia italiana, no ad Autogrill, trionfo della speculazione e della mediocrità
Daniele Zunica è titolare di Zunica 1880 che è un ottimo ristorante e anche albergo nel centro di Civitella del Tronto, nel territorio teramano. Daniele Zunica è soprattutto uno dei maestri italiani di enogastronomia: i suoi giudizi sono sempre precisi e puntuali. Sì a Eataly di Oscar Farinetti, splendido biglietto da visita dell’enogastronomia italiana, no ad Autogrill, trionfo della speculazione e della mediocrità

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Daniele Zunica è titolare di Zunica 1880 Ristorante & Hotel -Gourmet & Relax- a Civitella del Tronto, nel Teramano abruzzese, un elegante albergo storico di categoria 4 stelle.
Civitella del Tronto, a 589 metri di altezza, situata su una rupe rocciosa di travertino, per secoli è stata conosciuta per l’imponente fortezza cinquecentesca che controllava e chiudeva il passaggio tra gli Stati della Chiesa e il Regno delle Due Sicilie (cui Civitella del Tronto apparteneva). Assediata più volte, la fortezza di Civitella del Tronto (aggettante sopra l’abitato) è stato l’ultimo lembo del Regno delle Due Sicilie a essere conquistato dalle truppe italiane che riuscirono a espugnare la cittadella dopo cinque mesi di assedio e solo tre giorni dopo la proclamazione del Regno d’Italia il 17 marzo del 1861. Daniele Zunica appartiene alla quarta generazione di ristoratori e albergatori della sua famiglia. La sua storia è davvero unica. I suoi avi arrivarono in Italia nel 1200 come soldati di ventura partendo dal natio Principato di Andorra, nel cuore dei Pirenei a cavallo tra le odierne Francia e Spagna. Un ramo si stabilì a Milano, un altro scese nel cuore della penisola e si mise al servizio degli Aragonesi, gli spagnoli che erano arrivati in Sicilia chiamati dai siciliani per difenderli dagli angioini francesi che i siciliani avevano massacrato e cacciato durante la sollevazione dei Vespri siciliani del 1282. Gli Aragonesi sbarcarono sulla terraferma dopo il 1440, sconfiggendo gli Angioini, insediandosi a Napoli. Nel 1519 subentrarono gli Asburgo con Carlo V che aveva ereditato entrambe le corone spagnole (di Aragona e di Castiglia). Il ramo dei de Zunica assoldato dagli spagnoli si distinse nelle Fiandre, dove gli spagnoli furono impegnati in una trentennale guerra con i protestanti locali da cui nacquero le odierna Olanda (protestante) e Belgio (cattolica). I de Zunica furono compensati con proprietà terriere vicino a Civitella del Tronto, dove si stabilirono in uno splendido edificio del 1600, condividendo oneri e onori dell’attività secolare della granitica fortezza spagnola. Diventati italiani loro malgrado dopo il 1861, gli Zunica trasformarono in albergo il palazzo di famiglia che aggettava sulla piazza principale della piccola cittadina. Palazzo Zunica è al centro della piazza con la vista che spazia verso i Monti della Laga e il Gran Sasso d’Italia, fino al mare Adriatico. Nelle giornate di vento si scorge anche la lontana Maiella. Dal 1880 l’albergo è diventato il punto di riferimento obbligato per chi giunge nella cittadina teramana posta ai piedi della turrita fortezza, la più grande d’Europa. Daniele oltre che albergatore (è anche il presidente di Assoturismo Abruzzo, l’associazione degli albergatori che fa capo a Confesercenti) è soprattutto un ristoratore di vaglia. Con i suoi giovani cuochi Luca De Felice e Sabatino Lattanzi, Daniele è diventato uno dei punti di riferimento obbligati, e un maestro riconosciuto, dell’enogastronomia abruzzese che negli ultimi trent’anni è riuscita a qualificarsi come punta di diamante dell’enogastronomia italiana grazie anche alla sua posizione geografica centrale nella penisola e favorita dall’essere, l’Abruzzo, una regione che assomma l’eccellenza della montagna (che raggiunge e supera i 3000 metri con il massiccio del Gran Sasso) e l’assolata costa abruzzese antistante. In Abruzzo, mare e montagna non distano mai più di un’ottantina di chilometri. Tra i piatti più famosi reinventati da Daniele Zunica in collaborazione con i suoi cuochi c’è il raviolo farcito di “pecora alla callara”. Lo si può assaggiare solo da lui.

Daniele, gli alberghi si sono emancipati finalmente dalla pessima fama che aleggiava sulla ristorazione in albergo.
“L’evoluzione della ristorazione avvenuta negli ultimi anni ha riscattato un po’ i ristoranti d’albergo, anche quelli che non hanno un affaccio sullo spazio esterno, soprattutto adesso che è subentrato anche il divieto assoluto di fumare negli spazi chiusi. Una struttura come la nostra che ha la fortunata possibilità di potersi espandere nella piazza esterna, è avvantaggiata perché mangiare all’aperto è molto più informale e spaventa di meno la gente che è intimidita dal fatto di dover entrare in un edificio e salire le scale per arrivare al ristorante. Sto vedendo comunque che anche i grandi alberghi si stanno strutturando puntando anche sulla ristorazione e su un grande cuoco in cucina. L’Hotel Bulgari di Milano, per fare un esempio, sta puntando su un giovane cuoco della scuola di Gennaro Esposito; il Park Hyatt, sempre a Milano, ha Andrea Aprea in cucina, un’eccellenza assoluta. Sta diventando una tendenza.”

Come è cresciuta la ristorazione in Abruzzo?
“Dal punto di vista ristorativo, l’Abruzzo ha compiuto passi da gigante. La ristorazione negli ultimi anni è cresciuta in modo vertiginoso, ci sono grandi ristoranti, belle realtà, basti pensare a Niko Romito (ristorante Reale a Castel di Sangro, 3 stelle Michelin), a Marcello Spadoni (hotel ristorante La Bandiera a Civitella Casanova), a Peppino Tinari (hotel ristorante Villa Maiella a Guardiagrele), alla famiglia Beccaceci (ristorante Beccaceci a Giulianova Lido): sono tutte bellissime realtà. E’ cresciuto anche il comparto agro-alimentare, nel senso che abbiamo grandissimi prodotti perché la ricerca della qualità ha interessato anche i produttori. Sono tanti piccoli produttori che fanno sistema e ci forniscono un servizio veramente eccellente. Abbiamo la fortuna di essere in una terra baciata dal Signore perché abbiamo le verdure per tutte le stagioni, abbiamo grandi carni da grandi allevamenti, abbiamo la stagionalità dei grandi prodotti, basti pensare ai funghi e ai tartufi. A livello di prodotti agro-pastorali, ancor oggi possiamo contare sulla qualità dei pastori che fanno ancora la transumanza, c’è la cultura del prodotto d’eccellenza che poi, inevitabilmente, si ripercuote anche nella ristorazione perché per cucinare bene ci vuole innanzitutto la materia prima di grande qualità. Se pensiamo per esempio agli oli, possiamo registrare la grande crescita che ha fatto l’Abruzzo in questo settore, è stata determinante per far emergere produttori come Ciliberti, un giovane che per la prima volta prende il marchio DOP per il suo eccellente olio, poi ci sono anche De Antoniis, Monaco, Ursini, Palusci: sono veramente bellissime realtà. Per i vini poi c’è stata una grandissima crescita, il Montepulciano d’Abruzzo è diventato uno dei grandi vini d’Italia conquistando anche le vette delle classifiche nazionali. L’Abruzzo è una regione che cresce e lo fa anche bene soprattutto nel rispetto di questa terra gioiosa, che fornisce prodotti d’eccellenza. E’ una terra che deve essere trattata bene, rispettata. Così come al ristorante i prodotti devono essere trattati bene e rispettati. Personalmente faccio fatica a pensare che oggi in Abruzzo si possa mangiare male. Amo moltissimo la mia terra e la giro anche molto. E’ una regione che permette in un’ora di andare dalle spiagge alle piste da sci passando per le colline, i borghi: è una terra unica e quasi irripetibile. La crescita che ha avuto l’Abruzzo è stata anche culturale per quanto riguarda il cibo, è stato un fatto culturale cresciuto nel silenzio che si proponeva di rispettare le cose buone che venivano dalla terra, dagli allevamenti, dai produttori, dalle piccole realtà. Per mio piacere faccio una ricerca maniacale sul territorio per offrire qualità. Per trovare i formaggi percorro anche 200 chilometri e li vado a prendere da Gregorio Rotolo di Scanno. Lo zafferano lo prendo a Novelli nella zona dell’Aquilano. Conosco delle realtà cresciute adesso, degli allevamenti che stanno a pochi chilometri da Civitella del Tronto. Oggi posso permettermi di non fare nemmeno più la spesa, perché il territorio è il nostro supermercato all’aperto. Non faccio più scorte nemmeno di pasta perché a Roseto c’è il pastificio Verrigni dove passo tutti i giorni. Non ho più la necessità di fare grandi scorte perché è cresciuta la cultura dei produttori, è cresciuta la cultura di quella filiera che per noi è determinante, il fenomeno è stato innescato dall’ingresso delle nuove generazioni nelle aziende. La qualità è stata introdotta dalle seconde generazioni che hanno portato l’aria nuova della modernità anche nella piccola azienda familiare. Hanno fatto il salto di qualità introducendo il concetto di allevamenti biologici, produzione di vini biodinamici, è in corso un significativo processo di acculturamento. Avendo a disposizione una materia prima di questo livello, è sicuramente più facile creare dei buoni piatti al ristorante. Non prendo più la ricotta alla grande distribuzione perché a pochi chilometri ho un produttore che a mezzogiorno di ogni giorno mi può dare la ricotta appena fatta, ancora calda. Anche per trovare i salumi stagionati, faccio volentieri una passeggiata per arrivare fino a 1500 metri di quota dove posso trovare un prosciutto stagionato per 24 mesi in grotte dove viene mantenuto il fuoco sempre acceso. Ciò che ne risulta è una meraviglia e noi queste cose ce le possiamo permettere. In Abruzzo la grande ristorazione è quella offerta da ristoranti che seguono la stagionalità dei prodotti del territorio.”

Abruzzo è una terra ancora tutta da scoprire…
“E’ vero. L’Abruzzo è una regione ancora tutta da scoprire dai più, possiamo dire che si tratti di un’Italia minore, oggi ci stiamo proponendo a una fascia di mercato molto attenta al buon cibo e al buon bere che è quella che viene dal Nord Europa, lavoriamo molto e bene con il Benelux e la Scandinavia perché offriamo un prodotto enogastronomico ben inserito anche in un contesto naturale di pregio come piace a loro. L’Abruzzo è ancora una terra tutta da scoprire e personalmente conto molto in una campagna promozionale promossa dalla nuova giunta regionale. L’apprezzamento che ha l’Abruzzo oggi a livello internazionale è quello di essere una regione dinamica e con uno stato di sicurezza addirittura invidiato da altre regioni. E’ importantissimo questo fatto che è dato da una tranquillità sociale che altre regioni ci invidiano, qui non c’è alcuna forma di delinquenza organizzata né di quella polverizzata.”

Su scala nazionale, invece, qual è la situazione enogastronomica?
“Il Bel Paese ha sempre svolto un compito determinante nella gastronomia mondiale, c’è stata un’eterna competizione con la Francia. E’ stata pubblicata la classifica dei cinquanta Migliori Ristoranti a livello mondiale, e abbiamo avuto il terzo posto con Massimo Bottura anche se personalmente mi sarei aspettato che arrivasse anche al primo o al secondo posto, mi sarei aspettato una gratificazione maggiore per lui. Personalmente sostengo sommessamente che l’Italia in questo momento particolare stia vivendo una situazione di difficoltà perché una politica sul turismo e sull’enogastronomia non è mai stata fatta e anche oggi non c’è ministro che ne parli. E’ un mondo che noi stiamo enfatizzando anche in modo sbagliato perché è vero che l’arte della ristorazione ha bisogno di visibilità, ma non è più concepibile oggi accendere il televisore e trovare più di dieci programmi di gastronomia che a volte sfiorano veramente il ridicolo se non il grottesco. Che Carlo Cracco pubblicizzi le patatine Pai mi pare che sia professionalmente poco etico. Questo è il risultato dell’enfatizzazione di un mondo che sarebbe dovuto rimanere dentro al proprio rigore e alla propria etica. Sono convinto che il Bel Paese ancor oggi svolga un ruolo importante e determinante nello scenario mondiale della ristorazione, certo che l’affanno che abbiamo nei confronti della Francia è dovuto in primo luogo alla mancanza di un supporto pubblico. Sono rimasto molto colpito positivamente dalla fiera Sirha che si tiene ogni due anni a Lione nel mese di gennaio, si tratta di un evento mondiale dove hanno perfino inventato il premio Bocuse d’or in onore del grande chef francese. In quella fiera incontri il mondo, non solo il grande chef nell’area del Bocuse d’or. La fiera si svolge in un’area di 140 mila metri quadri dove si esibisce la grande ristorazione, le grandi attrezzature e le grandi aziende di tutto il mondo. E’ un fenomeno a livello globale ed è quello che dovremmo riuscire a realizzare anche noi in Italia. Abbiamo probabilmente il cuoco più colto, sto parlando di Massimo Bottura che oltre a essere un grande cuoco è anche una persona veramente molto colta, probabilmente è l’esponente più colto nell’intera storia della cucina italiana, è anche molto appassionato e competente nell’arte contemporanea. Il fatto è che non sappiamo usare questa eccellenza per farci conoscere nel mondo.”

Il tuo parere su Oscar Farinetti e Eataly?
“Farinetti è un imprenditore che ha capito cosa vuole l’utenza enogastronomica italiana. E’ un imprenditore d’assalto che riesce a entusiasmare e coalizzare tutti i grandi cuochi e anche i ristoranti minori, riesce a portare all’interno di Eataly i grandi prodotti della tradizione italiana. Sta facendo quello che Sodexo è riuscito a fare in Francia e che in Italia non siamo mai riusciti a fare. Eataly sta aprendo anche ad Istanbul, in Turchia, dove il gioiello sarà proprio il ristorante italiano di Bottura studiato per una ristorazione più veloce. Eataly è un format meraviglioso, è uno dei pochi casi in cui il privato è andato a coprire uno spazio che il pubblico non è stato capace di occupare. Molte volte mi chiedo come sia possibile che il biglietto da visita dell’Italia debba essere uno squallidissimo Autogrill. Quando passo il confine con l’Austria, sono sempre ansioso di raggiungere un ristorante-pub dove servono un pollo, prodotto che da noi è stato bistrattato, che è la fine del mondo, talmente buono che non posso fare a meno di fermarmi. Quando viaggio in Italia sono arrivato al punto di portarmi il panino da casa pur di non fermarmi all’Autogrill dove ogni prodotto è di infima qualità. Ben vengano allora anche centomila Eataly!”

Dall’Abruzzo con amore… per l’enogastronomia italiana
- Ultima modifica: 2014-05-26T07:57:10+02:00
da Renato Andreoletti

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