Il futuro è nel digitale

Dialogo tra due professionisti di lungo corso, il direttore di Hotel Domani Renato Andreoletti, e Sergio Cucini, titolare assieme ai cugini dell'impresa di famiglia, l’Hotel Firenze by Sure Collection di Verona, sullo stato dell’arte del turismo in Italia e sulle sue prospettive
Sergio Cucini con il suo amato Ushuaia
Dialogo tra due professionisti di lungo corso, il direttore di Hotel Domani Renato Andreoletti, e Sergio Cucini, titolare assieme ai cugini dell'impresa di famiglia, l’Hotel Firenze by Sure Collection di Verona, sullo stato dell’arte del turismo in Italia e sulle sue prospettive

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Sergio Cucini con il suo amato Ushuaia

Andreoletti. Il turismo internazionale dalla caduta del Muro di Berlino del 1989 è triplicato passando da 500 milioni a 1,4 miliardi di viaggiatori internazionali nel 2018. Sono numeri incredibili anche perché la crescita del fenomeno non si è mai arrestata. L’Italia è rimasta tra i giganti del settore superata di fatto solo da due continenti, Cina e Stati Uniti, e da due nazioni europee, Spagna e Francia.

Cucini. Verissimo. Ci sono Paesi che trent’anni fa erano esclusi dai circuiti internazionali del turismo: Russia e Paesi dell’Est Europa, la Cina. Oggi ne sono i grandi protagonisti. L’economia globale ha aperto le porte a un sempre maggior numero di persone, e parliamo di miliardi di persone. Aumenta in maniera esponenziale il numero di coloro che possono permettersi una vacanza all’estero, non solo in patria. Il viaggio è sempre meno un bene voluttuario, è sentito sempre più come una necessità oltre che un piacere. Il fenomeno dell’overtourism è la conseguenza di un profondo cambiamento del mercato mondiale a partire dalle infrastrutture. I voli low cost hanno mutato la natura del viaggiare. Oggi anche i viaggiatori abbienti vogliono risparmiare sul volo per disporre di più soldi durante il soggiorno. Il volo non è visto più come uno status, da celebrare in prima classe o in classe business, ma come un mero mezzo di trasporto. Fino alle otto ore di volo, l’aereo è un autobus con le ali. Ciò spiega il successo delle compagnie aeree low cost a fronte di un mercato aeronautico mondiale che è cresciuto a dismisura grazie anche alla maggiore sicurezza e affidabilità degli aerei di ultima generazione. Lo stesso fenomeno sta accadendo con gli appartamenti locati a uso alberghiero. L’Italia a sua volta è percepita a livello mondiale come una delle destinazioni più appetibili per la sua storia, per il clima, per lo stile di vita. In alcuni settori, dalla moda allo sport, dall’enogastronomia alla cultura, l’Italia gode di una visibilità mondiale davvero unica. L’Italian way of life rappresenta una qualità della vita superiore alla media della qualità della vita di gran parte degli stranieri: è il frutto della nostra storia. Ciò che per la maggioranza degli italiani è accessibile e rappresenta il loro tenore di vita medio, fuori dell’Italia è appannaggio solo delle classi dirigenti più abbienti. Per la media borghesia mondiale, venire in Italia significa partecipare a quello che per loro è un sogno e che per la stragrande maggioranza degli italiani è quotidianità. Godiamo di uno status privilegiato di cui spesso non ci rendiamo conto. Condivido ciò che scrivi da sempre: il Meridione è il grande buco nero della nostra proposta turistica per l’incredibile potenziale di cui dispone, a partire dal clima, rispetto alla realtà dei numeri. Non si capisce quale ruolo effettivamente giochi la malavita organizzata in questo sottosviluppo permanente.

Andreoletti. Temo che la malavita organizzata sia la migliore delle giustificazioni per evitare di investire nel Sud, di dotare il Meridione di infrastrutture analoghe a quelle che trovi nel Centro e nel Nord del Paese. Solo per il Ponte di Messina ci sarebbero voluti almeno 15 miliardi di euro che con la scusa della mafia e dei terremoti sono stati dirottati al Nord e lo dico da milanese che dispone del miglior sistema di infrastrutture urbane ed extraurbane d’Italia. E’ un problema che risale a come si è fatta l’Italia dopo il 1860 ma soprattutto a come è stata ricostruita dopo il 1945. Il Sud ha finanziato lo sviluppo del Nord con l’emigrazione all’estero di un paio di decine di milioni di poveracci, e le rimesse degli emigranti, e poi con la forza lavoro arrivata al Nord negli anni Cinquanta (si parla di almeno 5 milioni di persone) cui lo Stato non ha garantito neppure le abitazioni. L’alleanza tra i ceti dirigenti del Nord e del Sud ha portato a un’emigrazione biblica dopo il 1880 (anche dal Triveneto) per scelte protezionistiche della manifattura del Nordovest che hanno sacrificato l’agricoltura del Meridione. La tassa sul macinato del 1870 del ministro Sella provocò sommosse ed eccidi della folla da parte dell’esercito comandato dal generale Raffaele Cadorna. Il figlio Luigi fu l’artefice del disastro di Caporetto del 1917 (talis pater…). La guerra commerciale con la Francia degli anni Ottanta dell’800 è costata assai cara all’agricoltura meridionale. Non se ne trova traccia nei libri di testo ma è storia, ed è storia fatta sulla pelle delle plebi meridionali e del Nordest d’Italia oltre che dei contadini dell’arco alpino. Ne so qualcosa perché provengo dalle valli bergamasche, quelle descritte nell’”Albero degli zoccoli”, il film di Ermanno Olmi. Il Sud è stato abbandonato all’egemonia di classi dirigenti parassitarie che usano la malavita organizzata come scusa e strumento per bloccare qualsiasi seria politica di sviluppo e di mobilità sociale. Lo Stato non è assente, è complice.

Cucini. Adesso che sarebbe il momento storico ideale per investire nel turismo nel Sud, ti trovi davanti a carenze infrastrutturali che continuano a penalizzare quelle destinazioni. E’ un circolo vizioso. E’ una situazione che favorisce la fuga dei cervelli, annoso problema dei territori penalizzati. Quanti sono i direttori d’albergo che lavorano da Roma in su che sono nati nel Sud Italia? Quanti sono i cuochi meridionali che hanno reso famosa l’Italia nel mondo? Quanti sono gli imprenditori del Nord nati nel Sud o figli di gente costretta a lasciare il Meridione? Tantissimi. Sono le condizioni ambientali le prime responsabili di questa situazione e uno Stato che non sa intervenire su simili realtà ha abdicato alla sua funzione storica. La premessa è creare un ambiente meritocratico, premessa indispensabile non solo per lo sviluppo del Sud ma anche di quello dell’intero Paese vista la fuga dei cervelli che caratterizza l’intero Paese. Oggi per un giovane istruito è più conveniente andare all’estero e sottoporre le proprie idee a venture capital internazionali o guadagnarsi ruoli apicali in università estere piuttosto che restare in Italia. E’ una situazione drammatica e perfino paradossale: il nostro sistema di istruzione risulta tra i migliori al mondo peccato che diventi penalizzante per chi ne è il prodotto più brillante e non ha santi in paradiso. Siamo troppo provinciali…

Andreoletti. L’unica città cosmopolita in Italia è Milano perché rappresenta da sempre una miscellanea ben assortita di persone la gran parte nate altrove che a Milano hanno trovato le migliori condizioni per lavorare. E’ un retaggio antico, quello di Milano, che risale addirittura a quando era una città Stato, mille anni fa, confermato anche in epoca sforzesca, a fine 1400. “E’ milanese chiunque apporti alla città ricchezza, materiale, morale, intellettuale. Gli altri no”. Era scritto negli statuti della città. Sono ancora operanti. Spiega perché la città, che era operaia e manifatturiera fino agli anni Ottanta, poi è diventata città di servizi avanzati, dal design alla finanza, e ora è diventata perfino la seconda destinazione turistica d’Italia, dopo Roma, grazie anche a un rivoluzionario decoro urbano, fatto di grattacieli avveniristici e di infrastrutture, leggi metropolitana e passante ferroviario, uniche nel Paese. Expo 2015 l’ha lanciata nell’orbe turistico mondiale. E’ l’unica città in Italia dove si parla italiano perché nessuno potrebbe comunicare con il proprio dialetto visto che proveniamo tutti da posti assai diversi e con idiomi non meno lontani, se penso al bergamasco che è stata la mia lingua madre, incomprensibile a chi abita anche solo a 30 chilometri da Bergamo….

Cucini. Mio padre era nato a Genova e ha vissuto e lavorato per molti anni a Milano. L’albergo è della famiglia di mia madre e mio padre l’albergo l’ha frequentato da cliente prima e consigliere della famiglia dopo. Ho lavorato con lui e dopo la sua morte a Monza per una decina d’anni per cui capisco benissimo i concetti che vuoi esprimere.

Andreoletti. Milano nello stesso tempo ha esercitato sull’Italia un meccanismo neocoloniale, nell’attrarre i cervelli migliori, simile a ciò che oggi subiamo da parte delle migliori università americane. Accade laddove si creano meccanismi di sviluppo disuguale.

Cucini. L’Italia non avrà mai problemi di appeal. Il rischio però è di essere invasi da un turismo alla ricerca del pittoresco, del folcloristico, che ci trasformi in un Paese da operetta. Si chiama decadenza e spero di cuore che l’Italia riesca a evitarla. Dobbiamo puntare su un cambio di consapevolezza da parte sia dell’opinione pubblica che delle classi dirigenti. Il turismo è sia stile di vita che progetto culturale, per esempio legato alla memoria e allo sviluppo dell’essere umano attraverso i secoli e nella prospettiva delle sfide che il futuro ci propone. L’Italia come laboratorio umanistico si ricollegherebbe al suo retaggio rinascimentale, che in realtà inizia con Francesco di Assisi e Dante Alighieri, tra l’inizio del 1200 e l’inizio del secolo successivo, per proporre valori universali sempre attuali. La grande sfida che si annuncia con la realtà digitale e l’Intelligenza Artificiale richiede un Umanesimo declinato per l’Homo Sapiens del Terzo Millennio. E’ una gran bella sfida e noi italiani potremmo esserne tra i protagonisti.

Andreoletti. Delle tante strategie per evitare l’overtourism quella del Sud Tirolo funziona meglio. Hanno creato un territorio sano, ben strutturato, hanno impedito che attecchissero le seconde case, hanno investito in un’economia circolare come si dice oggi che ha messo in rete l’agricoltura, il turismo, l’artigianato, l’industria, l’istruzione con un’opinione pubblica che ha imposto alle sue classi dirigenti un modello di sviluppo equilibrato che difendesse i contadini come gli artigiani, le tradizioni locali (ladina e asburgica in primis perché presenti sul territorio da almeno cinque secoli), garantendo una continuità politica che si è espressa con cinque governatori in 73 anni. In Italia abbiamo avuto 31 presidenti del consiglio con 62 governi sempre in 73 anni di repubblica. Hanno investito in impianti di risalita e in un sistema di trasporti pubblici su gomma e su rotaia vincente. Hanno finanziato la crescita costante della qualità degli alberghi ma anche la qualità di chi vi lavora, dai titolari ai gestori allo staff. Hanno imposto una politica dei prezzi che ha selezionato i flussi di turismo privilegiando quelli a più elevato valore aggiunto che sono fondamentali per poter pagare stipendi più elevati e disporre di forza lavoro proveniente innanzitutto dal territorio. Non soffrono di overtourism, soprattutto non subiscono l’ospite. Lo educano. Se consideriamo che il 50 per cento dei loro ospiti sono italiani, c’è davvero di che meditare.

Cucini. Sai anche la risposta. Di sudtirolesi ci sono solo in Sud Tirolo. Basta che passi in Veneto e ti rendi conto che c’è qualcosa che non va. E’ un problema di classi dirigenti. E’ un problema di obiettivi: in Sud Tirolo l’economia complessiva ruota attorno all’accoglienza e all’ospitalità. In Veneto no. E parlo della regione con il maggior numero di presenze turistiche in Italia. Il problema è culturale, non c’è dubbio. Ed è politico per quel che riguarda la capacità di governare i fenomeni e saperli programmare. Questo è il problema. Già tra Sud Tirolo e Trentino c’è uno scalino. In Trentino c’è meno qualità che in Sud Tirolo.

Andreoletti. In Sud Tirolo dovevano dimostrare di essere migliori degli italiani anche per poter ottenere più autonomia, vale a dire più soldi. La meritocrazia è stata il grimaldello per conquistare una sostanziale indipendenza politica e fiscale. In Trentino non avevano questa contrapposizione e si sono adagiati nel clientelismo. Hanno lasciato ai primi la parte più faticosa e pericolosa del lavoro incassandone i dividendi. Sono stati più furbi ma di certo meno lungimiranti. Un altro problema è legato al tipo di sviluppo. Industria e turismo pescano nello stesso bacino di forza lavoro solo che l’industria in Italia si è ritagliata condizioni migliori grazie alla presenza di colossi come Fiat, Olivetti, Montedison, Ansaldo, Electrolux. Il turismo è un settore polverizzato, con scarso peso politico. E’ stato perdente laddove si è affermata l’industria manifatturiera, nel Veneto, in Lombardia, in Piemonte, in Friuli e perfino in Liguria. Torino è cambiata dopo la morte degli Agnelli e la fine dell’egemonia della Fiat, anche Napoli sta cambiando in maniera positiva. E’ bastato pedonalizzare via Toledo (la zona dello shopping) e l’area di Mergellina (la zona dei ristoranti), garantire un po’ più di ordine pubblico, costruire una fantastica metropolitana e la città sta vivendo una sorta di rinascimento con investimenti alberghieri di primordine e flussi turistici perfino inaspettati. Basta poco, in Italia. Basta volerlo.

Cucini. Qual è il miglior modello di promocommercializzazione di una destinazione turistica? Innanzitutto ci vogliono professionisti privati sperimentati e amministratori pubblici seri e onesti. Le risorse economiche andrebbero trovate attraverso consorzi pubblico/privato gestiti con modalità private. Bisogna evitare per esempio di ricalcare i confini amministrativi per creare consorzi legati semmai alle specificità del territorio: la montagna veneta ha una sua specificità che va da Cortina d’Ampezzo ai Monti Lessini all’Altopiano di Asiago alla montagna trevigiana al Comelico. Ogni valle ha le sue esigenze ma il prodotto montagna è specifico. Nel Marketing mettere in concorrenza territori con valenze simili, come la montagna, significa indebolire il messaggio e disperdere le risorse. E’ ciò che è accaduto nel Veneto. L’opposto di quanto è avvenuto in Sud Tirolo dove è stato promosso innanzitutto l’habitat del Sud Tirolo come unico in Europa, poi nell’ambito di quella situazione vengono valorizzate le singole valli. Partirei da una sorta di laboratorio locale che si renda autonomo dall’aiuto pubblico, della Regione piuttosto che dell’Enit. Facciamo in modo che gli imprenditori investano nei loro territori utilizzando le nuove tecnologie digitali creando un meccanismo che valuti immediatamente il ritorno economico degli investimenti privati nei confronti dei vari segmenti di mercato: il cliente residenziale, il cliente domestico (l’italiano), il cliente internazionale. E’ un modello che dovrebbe e potrebbe autofinanziarsi. A quel punto dimostrerebbe la necessità di un coordinamento unitario a livello nazionale della comunicazione che non dovrebbe più dipendere dal pubblico, dalla politica, per finanziarsi. A Napoli il sindaco De Magistris ha chiesto all’università Federico II di studiare una moneta crittografica da utilizzare solo sul suo territorio per ottenere delle risposte dal mondo digitale in alternativa ai canali tradizionali. Non so se la cosa andrà in porto, se sia legale. Di certo il mondo digitale giocherà un ruolo sempre più importante nel futuro del nostro settore.

Andreoletti. Il turismo non ha mai avuto dei singoli attori con dimensioni e capacità di investimento analoghe a quelle del settore manifatturiero e finanziario. La polverizzazione del nostro sistema per un verso rappresenta una forza in termini di biodiversità, assai apprezzata nel mondo, per un altro è una indubbia debolezza perché impedisce di fare massa, di fare volume, di incidere sull’opinione pubblica come su quella politica.

Cucini. Nel 2019 ci sono forme di promozione che rendono obsolete queste analisi. Penso al fenomeno Airbnb che grazie alle piattaforme digitali ha creato un fenomeno planetario. Siamo di fronte a una rivoluzione digitale che può essere cavalcata da chiunque purché le idee siano chiare e i prodotti innovativi. E’ quanto ha fatto Mark Zuckenberg con Facebook. E’ un mondo che le persone della nostra generazione fanno fatica a comprendere ma che rappresenta il futuro. Esiste il crowdfunding, esiste il marketing digitale che praticano le startup più innovative che sfuggono alle logiche del finanziamento tradizionale. E’ una nuova frontiera che dobbiamo affrontare senza pregiudizi. Le blockchain sono il futuro, non a caso stanno spaventando non poco gli attori finanziari e politici tradizionali come nel caso della proposta di istituire la moneta virtuale Libra da parte di Mark Zuckenberg rivolta ai due miliardi di utenti di Facebook. La Cina ci sta pensando. E’ il mondo che avanza e il turismo in Italia dovrebbe rifletterci maggiormente. Se pensiamo all’impatto della piattaforma Rousseau sulla politica italiana, qualunque cosa si possa pensare della Casaleggio e associati, ci si rende conto che c’è un nuovo che avanza in maniera imperiosa, con tutte le luci e le ombre del caso. Chi sa connettere il mondo del digitale con quello reale, sfonderà.

Il futuro è nel digitale
- Ultima modifica: 2019-09-20T07:41:37+02:00
da Renato Andreoletti

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