Se incontrate un frate cappuccino…

53 camere ricavate dalle antiche celle dei monaci, due ristoranti legati alla tradizione ma anche alla cucina italiana più innovativa, un parco botanico ricco di essenze arboree secolari ma anche coltivato con orti e frutteti indispensabili per la cucina dell’albergo, Spa e palestra, il tutto letteralmente abbarbicato alla montagna su cui si appoggia e che sovrasta l’antico convento del 1212 oggi diventato un hotel di categoria 5 stelle Lusso
53 camere ricavate dalle antiche celle dei monaci, due ristoranti legati alla tradizione ma anche alla cucina italiana più innovativa, un parco botanico ricco di essenze arboree secolari ma anche coltivato con orti e frutteti indispensabili per la cucina dell’albergo, Spa e palestra, il tutto letteralmente abbarbicato alla montagna su cui si appoggia e che sovrasta l’antico convento del 1212 oggi diventato un hotel di categoria 5 stelle Lusso

Leggi anche

Se incontrate un frate cappuccino…
Se svoltando un angolo di uno dei tanti corridoi dell’albergo, o mentre avanzi meditando in una delle terrazze a picco sul mare con Amalfi negli occhi a due chilometri di distanza, o mentre scruti la montagna che aggetta sulla tua testa mentre sei nell’antico chiostro, o il cuore perde un battito mentre ti confronti con l’infinito blu del mare di fronte e ti sovviene il verso finale dell’Infinito di Leopardi (il naufragar m’è dolce in questo mare), mentre tutto questo avviene ti imbatti all’improvviso in un monaco, il saio scuro, il cappuccio calato sulla testa, la barba bianca, lo sguardo perso nel tempo, carico di anni e pensieri imperscrutabili, saluta con gentilezza, non far caso se risponderà o meno al saluto immerso com’è da sempre nei suoi affanni: è il Priore del Convento di Amalfi che vive da secoli in quella che era la sua magione e la magione dei suoi confratelli dove si preoccupava che i fraticelli lavorassero e pregassero senza lasciarsi tentare dal vizio del cibo e della lussuria o da quello dell’ozio. Guai ai colpevoli: sarebbero stati legati a un pilastro del chiostro, alcuni anche battuti con il bastone per ricordare loro che la vita è innanzitutto penitenza oltre che impegno e lode al Signore. Era stata la lezione impartita da Benedetto da Norcia, così severo con i suoi monaci che alcuni avevano anche cercato di avvelenarlo: essere monaco non significa essere santo… C’erano i Normanni in Sicilia e sulla costa amalfitana nel 1212, giusto dietro l’angolo del tempo, quando il cardinale Pietro Capuano fece costruire un Cenobio sul colle del Falconcello, un’ampia terrazza che si addossa alla montagna seguendone il corso che in quel tratto disegna un arco. La montagna in quel punto crolla in verticale verso il mare mostrando, all’epoca, una ampia grotta in prossimità di una chiesetta, di S. Pietro a Toczolo, che nel 1213 fu unita al monastero. Amalfi è di fronte, a un paio di chilometri in linea d’aria verso Sud. Papa era Celestino III (sul finire del secolo sarà la volta di Celestino V, il primo papa a dimettersi nel 1294, non l’ultimo visto che nel 2013 si sarebbe dimesso un secondo papa, Benedetto XVI). Imperatore era Federico II di Svevia, stupor mundi per i suoi contemporanei ma anche una gatta da pelare per i papi, che lo scomunicheranno più volte. Che secolo, quel secolo…
Amalfi era stata una delle repubbliche marinare, in gara e spesso in lotta con Venezia, Genova e Pisa, ma anche con gli aragonesi della lontana Barcellona, poi assoggettata dai Normanni dell’entroterra. Del suo recente splendore aveva conservato l’orgoglio, una monumentalità che ancora oggi ci stupisce, un’abitudine ad andare per mare quando la navigazione era a dir poco perigliosa stante le dimensioni assai ridotte e la precarietà intrinseca delle navi di legno, la mutevolezza dei venti che spingevano le vele latine issate sull’albero maestro, la rabbia del mare che poteva trasformare una felice giornata di navigazione nell’incubo più atroce.
Il monastero, eretto sulla roccia ma anche abbarbicato letteralmente alla montagna, fu affidati ai monaci cistercensi che nel corso del tempo seppero farsi riconoscere beni e privilegi per poter mantenere il piccolo manipolo di unti del Signore che svolgevano anche un ruolo di presidio del territorio nei confronti dei pericoli che arrivavano dal mare (c’erano i saraceni all’epoca, poi sarà la volta dei turchi) e di conservazione della cultura attraverso il lavoro di copiatura degli antichi manoscritti conservati nel convento.
Nel 1583, dopo alterne vicende, arriveranno i monaci cappuccini (quelli dall’abito nero) che vi resteranno fino al 1813 quando Gioacchino Murat, cognato di Napoleone Bonaparte, un senzadio francese diventato re di Napoli nel 1808, caccerà i monaci. Murat sarà fucilato dai Borbone nel 1815, come si conviene a chi non rispetta il saio e la berretta, il monastero diventerà locanda e poi albergo subendo anche qui diverse vicissitudini come accade a chi ha accumulato troppa storia. La più recente è legata a un marchio siciliano, i Framon Hotels, acquisito in seguito da un marchio spagnolo, gli NH Hotels, oggi acquisiti a loro volta da Minor Hotels, un marchio internazionale con sede a Bangkok, in Thailandia, che vanta un portfolio di ben 530 alberghi sparsi in 53 Paesi. Il futuro? Diventato già hotel di categoria 5 stelle Lusso come NH Collection, il passo successivo sarà inalberare, primo in Italia, il prestigioso brand Anantara (Hotels, Resorts, Spas). Non chiedete lumi al Priore, lui difficilmente risponde…

Se incontrate un frate cappuccino…
- Ultima modifica: 2019-11-02T09:47:28+01:00
da Renato Andreoletti

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome

HD – Single Template - Ultima modifica: 2021-09-24T15:19:00+02:00 da Redazione Digital Farm
css.php