The English Soul in Liguria

Di fronte al mare, a mezza costa, Villa della Pergola offre il fascino esotico di un parco botanico davvero unico e di una villa costruita in stile coloniale nella seconda metà del 1800 da un generale inglese in pensione che si era distinto nelle guerre di Crimea, in Pakistan e in Afghanistan. Alassio fino alla seconda guerra mondiale è stata il buen retiro di una ricca quanto variopinta comunità britannica. Villa della Pergola propone 13 sontuose camere nei tre diversi edifici che la costituiscono, un ristorante gourmet, piscina all’aperto, parco botanico, parcheggio privato
Di fronte al mare, a mezza costa, Villa della Pergola offre il fascino esotico di un parco botanico davvero unico e di una villa costruita in stile coloniale nella seconda metà del 1800 da un generale inglese in pensione che si era distinto nelle guerre di Crimea, in Pakistan e in Afghanistan. Alassio fino alla seconda guerra mondiale è stata il buen retiro di una ricca quanto variopinta comunità britannica. Villa della Pergola propone 13 sontuose camere nei tre diversi edifici che la costituiscono, un ristorante gourmet, piscina all’aperto, parco botanico, parcheggio privato

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VAL_6075Sono stati i britannici ha scoprire la Liguria dal punto di vista turistico nella prima metà del 1800 quando la Liguria era ancora parte del regno di Sardegna e l’Italia era argomento di confronto tra le cancellerie d’Europa prima, di sanguinose battaglie sul suolo piemontese e lombardo nel 1859 per opera degli eserciti congiunti franco-sardi contro quelli dell’impero austroungarico e infine della vittoriosa cavalcata di Garibaldi nel 1860 (facilitata in maniera decisiva proprio dalla Gran Bretagna che ne favorì sia lo sbarco a Marsala che l’attraversamento dello stretto di Messina). Garibaldi conquistò Sicilia, Calabria e Campania, l’esercito sardo scese lungo la dorsale adriatica conquistando Marche e Abruzzo per poi congiungersi con i garibaldini a Teano. La simpatia dei liberali inglesi per la causa italiana si trasformò anche nella scoperta di un territorio, quello ligure, che rappresentava il sogno dell’aristocrazia britannica: il caldo sole del Mediterraneo, una natura rigogliosa dove cresceva qualsiasi cosa, una popolazione gentile e operosa, un grande rispetto per la ricchezza altrui soprattutto quando arrivava per dare lavoro alle maestranze locali.
Entro il 1872 vennero completate le ferrovie che collegavano Genova con Mentone e da lì con Parigi e il passo di Calais dove arrivavano i britannici che prendevano il treno a Londra per Dover. Il viaggio da Londra fino in Liguria durava una trentina di ore, allietate da pranzi e cene a bordo dei vagoni ferroviari di prima classe nei quali si poteva riposare ed eventualmente fare anche all’amore. Pare che oltre al clima sia stata anche la distanza dai rigidi costumi vittoriani (la regina Vittoria aveva obbligato i domestici a vestire anche le gambe dei tavoli perché non provocassero immagini concupiscenti…) a indurre la parte più disinibita o decisamente trasgressiva della borghesia e dell’aristocrazia britannica a cercare rifugio all’ombra dei palmeti liguri.
Alassio è equidistante tra Genova e Nizza, entrambe a 100 chilometri di distanza. Genova è sempre stata il principale porto dell’Alto Tirreno, Nizza era l’ultima città del regno di Sardegna prima di quello di Francia, almeno fino al 1861 quando passò alla Francia definitivamente. Fu il prezzo, assieme alla Savoia, dell’aiuto di Napoleone III che aveva portato in Italia il suo esercito per aiutare re Vittorio Emanuele II e Camillo Benso conte di Cavour a cambiare il nome del regno, da sardo in italiano.
Alassio è al centro della Riviera di Ponente, che da Genova corre a Occidente lungo l’intero golfo tirrenico per congiungersi alla Costa Azzurra sul versante francese del Mare Nostrum. Gode di una lunghissima spiaggia sabbiosa, pressoché unica sul versante tirrenico ligure, ha le spalle protette dall’arco appenninico che la protegge dalla nebbia e dai freddi venti della Pianura Padana fermando nello stesso tempo le basse nuvole che salgono dal mare garantendo la giusta umidità al terreno, che ne risulta continuamente vivificato. Le colline risultano ricoperte da un fitto manto boschivo. La macchia mediterranea domina laddove il monte si specchia nel mare. Il clima assomiglia a una sorta di eterna primavera, moderata dalle brezze estive quando il sole potrebbe diventare troppo caliente nei mesi di luglio e agosto, riscaldata quel tanto che basta d’inverno soprattutto a gennaio e febbraio quando il gelo si ferma alle frontiere del Mare Mediterraneo che funge da provvidenziale termosifone per le popolazioni che vi bagnano i piedi. Per gli aristocratici inglesi abituati alle piogge, al gelo e alle nebbie delle loro contrade, la Liguria apparve come un dono divino elargito al popolo, il loro, che aveva avuto il merito di conquistare praticamente l’intero pianeta o poco meno. Ciò che non ricadeva sotto la sovranità della regina Vittoria non era da considerarsi terra degna di attenzione… soprattutto se non si affacciava sul mare.
Nel 1875 (da quattro anni Roma era diventata capitale del regno d’Italia), alle spalle di Alassio, all’epoca poco più di un grazioso borgo di pescatori, sulle colline che salgono verso l’interno due gentiluomini scozzesi fecero costruire due edifici circondati da ampi terreni – il Parco Fuor del Vento e il Molino di Sopra – sulla collina di Alassio, in località Costa, allo scopo di trascorre l’inverno in Liguria con le rispettive famiglie. Erano George Henderson Gibb e il generale William Montagu Scotto McMurdo (1819-1894). Il generale si era ritirato dall’esercito dopo essere stato un eroe di guerra. Si era distinto in Crimea (dove avevano esordito anche i nostri bersaglieri agli ordini del generale Lamarmora) poi in Pakistan (che faceva parte del dominio britannico) e Afghanistan, dove i britannici andavano e venivano soprattutto per impedire che vi giungesse la Russia degli zar, impegnata a espandersi a Est fino all’Oceano Pacifico. Il generale aveva sposato la figlia di un altro celebre generale coloniale dalla vita avventurosa, Sir Charles Napier, di cui è stata collocata una statua in Trafalgar Square.
Su una preesistente residenza dei Conti della Lengueglia, il generale McMurdo edificò il Villino della Pergola e lo chiamò Casa Napier in onore del suocero.
Il Villino, progettato e costruito secondo i canoni e il gusto anglo-indiano, fu costruito su tre livelli e venne dotato di un ampio loggiato.
Nel 1880 la famiglia McMurdo diede inizio ai lavori di Villa della Pergola. Questo edificio, di dimensioni maggiori rispetto al primo e in una posizione leggermente meno elevata, fu costruito seguendo invece un gusto eclettico: riproponendo un ampio loggiato ma inserendo al contempo elementi di maggior pregio e sfarzo come la cupola rivestita in maioliche policrome di Albisola, il profluvio di marmi e la fontana in prossimità dello scalone.
Opera della famiglia McMurdo fu anche la progettazione del parco. Pensato inizialmente come naturale continuazione degli ambienti interni delle ville verso il sole e la flora del Mediterraneo, il parco venne sviluppato su più livelli terrazzati, seguendo l’andamento naturale della collina e facendo spazio, tra uliveti e aranceti, alle palme delle Canarie, Washingtonie, Dactilifere e ai cipressi, tipico omaggio britannico al paesaggio e ai viali toscani tanto amati oltre Manica.
Quando il generale McMurdo morì a Nizza nel 1894, la proprietà della villa passò a Sir Walter Hamilton-Dalrymple, un baronetto scozzese discendente da un’antica e nobile famiglia lealista di North Berwick, in Scozia.
Nel 2012 William Dalrymple, discendente della famiglia, dalla sua fattoria vicino a New Delhi nella prefazione del libro dedicato alla villa ricorda che Walter era praticamente fuggito dalla Gran Bretagna a causa di uno scandalo sessuale vissuto nell’adolescenza: si era innamorato del marito di una cugina di primo grado. Lo scandalo era stato tacitato e Walter si era successivamente sposato ritirandosi in Scozia. Il fratello Hew invece si era sparato a 18 anni per le pene d’amore nei confronti di una donna sposata. Una famiglia assai poco British… L’acquisto della villa fu come un raggio di sole in una vita condannata all’ombra.
I Dalrymple mantennero la proprietà della villa per circa vent’anni poi, nel 1922, Sir Hew Clifford Hamilton-Dalrymple, nono baronetto, cedette la dimora a Daniel Hanbury, secondogenito di Sir Thomas Hanbury della Mortola, proprietario degli omonimi giardini.
La famiglia Hanbury diede uno straordinario impulso al completamento del giardino della Villa, trasportando dall’orto botanico della Mortola varietà di cactacee sudamericane, collezioni di cycas ed eucalipti australiani e altre svariate tipologie di essenze e aumentando significativamente la varietà di specie esotiche.
Nel 1940, allo scoppio della guerra, la famiglia Hanbury, al pari della maggior parte degli inglesi in Riviera, tornò in Inghilterra.
Nel 1946 gli Hanbury tornarono ad Alassio per riprendere il lavoro interrotto dalla guerra, ma nel 1948 Daniel morì. Fu la vedova Ruth a tornare a vivere a Villa della Pergola. Rimasero celebri i suoi parties in primavera, durante la fioritura dei glicini.
Negli anni Sessanta e Settanta Carlo Levi, diventato famoso come scrittore e pittore, utilizzò Il Villino come dépendance della sua vicina villa. Levi immortalò il paesaggio di Alassio in innumerevoli tele.

LA RINASCITA DI VILLA DELLA PERGOLA
Come accade sovente, la villa andò incontro a un lento declino e infine nel 2006 fu oggetto di una vendita all’asta giudiziaria. Rischiava di finire nelle mani di qualche immobiliarista senza scrupoli. Silvia e Antonio Ricci (il geniale inventore di Striscia la notizia per Canale 5, nato nella vicina Albenga nel 1950) crearono una cordata di amici imprenditori con la quale riuscirono ad acquistare l’intera tenuta, edifici e parco. Tre anni di lavori di ristrutturazione affidati all’architetto Ettore Mocchetti per i complessi edilizi e all’architetto Paolo Pejrone per il parco botanico hanno ripristinato la bellezza originaria dell’intero complesso cambiandone la destinazione d’uso: nel giugno 2010 nasce Villa della Pergola, historical suites relais di Alassio. Villa della Pergola offre ai suoi ospiti 13 suites differenti, divise tra la Villa, il Villino (sei camere ciascuno) e la Casa del Sole (una suite su due piani), tutte tra loro diverse per stile, atmosfere, tonalità di colori e complementi d’arredo. Le suites, dedicate ognuna ai numerosi personaggi che in passato hanno soggiornato a Villa della Pergola o hanno fatto parte della colonia inglese di Alassio, rievocano le affascinanti atmosfere, attraverso testimonianze originali, memorabilia, quadri antichi e mobili di fine ‘800.
Formata da 3 eleganti edifici, la Villa, il Villino e la Casa del Sole, Villa della Pergola è immersa in un lussureggiante giardino che armonizza la vegetazione mediterranea con svariate tipologie di piante rare e la suggestiva flora esotica.
Appartata in un angolo del rigoglioso giardino, la Casa del Sole deve il suo nome alla particolare posizione che la rende costantemente inondata di luce naturale. Era il luogo prediletto per il classico “tè delle cinque” e per i momenti di ozio dei Dalrymple e poi degli Hanbury.
Il Parco si estende su una superficie di 22.000 mq. Lo caratterizzano pini marittimi, carrubi, ulivi, mandorli, cipressi, cedri del Libano, lecci e una sorprendente collezione di agrumi messi a dimora vicino a piante di eucaliptus, jacaranda, araucarie, strelizie giganti, diksonie, palme, cactacee provenienti da ogni latitudine, fioriture stagionali di tumbergie, spiree, ortensie quercifoglie, oleandri, pelargoni odorosi, bouganville, dature, bignonie, solanum e gelsomini. Trecento varietà diverse di specie formano la straordinaria collezione di Agapanti, unica in Europa.
Romantiche pergole di rose banksiae e di glicini di numerose varietà uniscono i diversi livelli del parco, dove si possono ammirare delicate ninfee e fiori di loto che crescono rigogliosi nei laghetti e nelle fontane che circondano le Ville.
“Si è proceduto a sanare le strutture, a ricercare materiali che avessero stigmate del passato, si sono ripresi i colori originari, gli azzurri, il cotto, il giallo turneriano” spiega l’architetto Mocchetti. “Gli impianti tecnologici sono stati messi sotto traccia. Anche la posa dei pannelli solari è avvenuta con attenzione, garantendo un impatto visivo pressoché nullo. Nella Hall sono stati riportati a splendore gli originari marmi Portoro e di Carrara. I pavimenti sono stati restaurati, sia quelli di marmo sia quelli in listoni di pitch pine e in noce. Per gli arredi sono stati scelti mobili d’epoca simili a quelli che si vedono nelle foto storiche, ma rielaborati nei colori e nei tessuti con sensibilità contemporanea. Il piano terreno della villa è rimasto sostanzialmente inalterato dal tempo di Sir Walter Dalrymple. La sala da pranzo, con l’imponente camino in pietra di Finale, il salotto con il camino in marmo e il bovindo che si affaccia sul grande portico, sono gli stessi descritti da Sylvia Hanbury nel 1922. E anche l’eucalipto, sempre più grosso e nodoso, continua a far ombra davanti all’antica dimora. Nel maestoso ingresso le massicce porte di noce sono state restaurate, il pavimento a scacchi bianco e nero e lo scalone, illuminato dalla luce naturale della lanterna della cupola (rivestita in tegolini di ceramica multicolore di Albisola) accolgono gli ospiti della villa come cent’anni fa. Gli ambienti interni della dimora sono stati riallestiti il più fedelmente possibile: le sale comuni e le camere da letto sono state arredate con mobili dell’Ottocento italiano, inglese e francese, molti di fattura vittoriana. Nel grande atrio, vicino alla fontana, sono state posizionate alcune vetrine, un piccolo museo arredato con acquerelli, disegni, libri e oggetti appartenuti ai precedenti proprietari.
Nel Villino sono esposti quattro quadri di Carlo Levi e le prime edizioni di “Cristo si è fermato ad Eboli”, il suo libro più celebre.

UN MILANESE IN RIVIERA
Giuliano Esposito, classe 1977, è nato a Bollate, nell’hinterland settentrionale di Milano, da genitori di Salerno e Caserta emigrati nel Nord Italia, si è diplomato al Carlo Porta di Milano, una delle migliori scuole alberghiere d’Italia. La gavetta professionale si è svolta a Milano al Four Seasons Hotel, al Best Western Hotel Galles, al Doria Grand Hotel e al Best Western Falck Village Hotel. Nel 2011 è arrivato in Riviera per assumere la direzione di Villa della Pergola.
“Questa è una casa privata per l’atmosfera che vi si vive e per la personalizzazione attenta quanto discreta del servizio” spiega Giuliano Esposito. “Dall’accoglienza alla qualità degli arredi, delle spugne, dei tessuti, tutto è controllato fin nel più minuto dettaglio. La colazione del mattino propone prodotti realizzati direttamente da noi con le migliori materie prime del territorio. La cucina dal 2013 è curata dallo chef Maurizio Dagrada, un ottimo chef che si propone di dare al ristorante di Villa della Pergola un’immagine di grande qualità, adatta per attirare anche la migliore clientela che soggiorna o visita la Riviera di Ponente. Dagrada, 45 anni, è nato nel Congo Belga da genitori milanesi. Anche il fratello Fabio è un noto chef. Il nostro ristorante è a Kilometro zero, così pure la cantina. Puntiamo su piccoli produttori di nicchia. Villa della Pergola è l’ideale base di partenza per scoprire la Riviera di Ponente, nello stesso tempo è un luogo ideale per godersi la vita nel massimo del relax e della discrezione, immersi in un parco botanico di eccellenza assoluta, in un contesto architettonico non meno esclusivo. L’ospite nel parco, su una terrazza sopra Villa della Pergola, trova anche una piscina circolare scoperta ricavata in un angolo discreto e attrezzato dal quale si gode la vista del mare rimanendo nella più assoluta tranquillità. La nostra è innanzitutto una clientela internazionale di fascia medio-alta. Gli ospiti internazionali più fedeli sono gli svizzeri e i tedeschi.”

Umorismo britannico
Il londinese generale Charles James Napier (1782-1853), suocero del fondatore di Villa della Pergola, era un campione sia del liberalismo britannico che del suo sense of humor. Da governatore di Bombay proibì la tradizione indù di bruciare le vedove dei mariti defunti. Una delegazione di notabili indù si recò dal generale per protestare nel nome delle loro tradizioni. Il generale rispose: “You say that it is your custom tu burn widows. Very well. We also have a custom: when men burn a woman alive, we tie a rope aroud their necks and we hang them. Build your funeral pyre; beside it, my carpenters will build a gallows. You may follow your custom. And then we will follow ours.” Finché i britannici governarono l’India, o almeno la regione di Bombay, le pire funerarie servirono per bruciare solo i morti.

The English Soul in Liguria
- Ultima modifica: 2014-04-18T14:15:04+02:00
da Renato Andreoletti

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